Previdenza pubblica: il grande “Moloch”

Come ampiamente riportato dalle agenzie di stampa, il Fondo monetario internazionale ha lanciato un preoccupato allarme sul capitolo più importante della nostra colossale spesa pubblica: il settore previdenziale. In un rapporto sulla situazione italiana, elaborato dell’istituto guidato da Christine Lagarde (nella foto), si legge che la spending review è uno strumento importante, ma le analisi suggeriscono che “ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni”. Secondo il Fondo, questa quota è la più alta nell’area euro e rappresenta il 30 per cento del totale del bilancio complessivo dello Stato, sottolineando che “l’Italia spende sette volte di più per un anziano che per un non anziano”.

In verità, come ebbi modo di scrivere a suo tempo su queste pagine, già prima che si concludesse l’esperienza del Governo Monti, l’allora sottosegretario Gianfranco Polillo disse più volte che, nonostante la riforma Fornero, la dinamica della spesa pensionistica avrebbe richiesto altri interventi di riequilibrio. Riequilibrio che, ovviamente, non si può più pensare di ottenere inventandosi nuove entrate. Sarebbe altresì necessario agire dal lato proprio di una spesa la quale, insieme ai cosiddetti ammortizzatori sociali, oramai sfiora i 330 miliardi. In percentuale sul Pil, anche a causa del continuo calo del denominatore, le pensioni stanno per raggiungere il poco invidiabile record europeo del 17 per cento; quasi 6 punti in più della media continentale.

Ovviamente l’argomento costituisce un vero e proprio tabù per l’intera classe politica, tant’è vero che l’unico intervento strutturale negli ultimi decenni è stato realizzato da un Esecutivo formato da tecnici. Non a caso il premier Renzi, memore che chi tocca i fili della previdenza resta fulminato – così come accadde al primo Governo Berlusconi – a giorni alterni smentisce qualunque intervento in tal senso. Intervento che tuttavia prima o poi andrà almeno tentato, se si ha veramente in animo di salvare un Paese sempre più in bilico. Ma crediamo che per farlo occorrano tutt’altre premesse politiche rispetto a quelle con le quali ha voluto iniziare la sua esperienza di governo il giovane rottamatore fiorentino.

Per imporre veri sacrifici ad un sistema che si ostina a vivere ampiamente sopra le proprie possibilità occorrerebbe parlar chiaro circa la nostra vera condizione economica e finanziaria, evitando di generare nel popolo eccessive ed ingiustificate aspettative, così come continua incautamente a fare Matteo Renzi.

Comprendo benissimo che nessun politico di professione rinuncerebbe facilmente al proprio consenso, soprattutto chi ha raggiunto un successo elettorale senza precedenti a colpi di annunci e di facili promesse. Tuttavia, se non si ha il coraggio di spiegare alla cittadinanza che il sistema previdenziale nel suo complesso non è più sostenibile, Renzi o non Renzi, tra non molto ci penserà la dura realtà dei numeri a farlo. E a quel punto sarà certamente troppo tardi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29