Un “avvertimento”   fin troppo scontato

A fronte della surreale legge di stabilità predisposta dal governo Renzi, era più che scontata una decisa presa di posizione dell’Europa, espressa a chiare lettere dal commissario uscente, Barroso. Così come scontata doveva essere, e così è stata, la reazione piccata del nostro spregiudicato Presidente del Consiglio. Una reazione dagli insopportabili toni demagogici, con cui egli vorrebbe spacciare i suoi sempre più evidenti contrasti con la linea rigorista dell’Europa – che non intende finanziare la crescita con altri debiti – per una lotta senza quartiere contro le cattive burocrazie di Bruxelles. Ed è essenzialmente questo l’elemento dirimente, già peraltro emerso alcuni mesi addietro all’atto di insediamento della presidenza italiana dell’Ue, per comprendere la ragione di fondo di tali contrasti, al netto dell’insopportabile propaganda renziana.

In estrema sintesi, l’Europa valuta con crescente preoccupazione la linea economica di un Esecutivo il quale, per evidenti scopi elettoralistici, sta mettendo in campo tutta una serie di misure espansive, regalando bonus a destra e a manca, senza aver posto a regime uno straccio di riforma strutturale in grado di riequilibrare nel tempo i nostri disastrati conti pubblici, unico prerequisito, quest’ultimo, per poter transitoriamente sforare i limiti del deficit.

Per dirla fuor di metafora, Barroso e soci si sono accorti che l’essenza della politica impostata dall’ex sindaco di Firenze si basa sul raschiare il barile della fiscalità occulta e dei prestiti, onde allargare i confini di quell’insostenibile redistribuzione delle risorse che sta mandando in bancarotta l’Italia. Un Paese, occorre ricordare, in cui la mano pubblica spende circa 11 punti di Pil più della Germania, all’interno di uno scenario dominato dall’assenza di crescita e di galoppante disoccupazione.

Dunque, come poteva tacere L’Europa di fronte ad un signorino il quale, con faccia strafottente, si presenta con una manovra dalle coperture ballerine, che in soldoni presuppone di rilanciare lo sviluppo aumentando i costi complessivi del sistema Italia? Una manovra dai contorni molto oscuri, soprattutto dal lato dei tagli alla spesa pubblica, il cui impianto è a mio avviso destinato a portare il bilancio dello Stato ben oltre il già contestato tetto del 2,9 per cento di deficit, determinando i presupposti per un’ennesima fuga dai titoli del nostro colossale debito sovrano. Dopodiché Renzi e il successore di Barroso dovranno per forza di cose rivedersi a Filippi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28