Gli aerei di Mussolini e le misure del Premier

Più di un osservatore ha ironizzato sulle misure propagandate senza soluzione di continuità dal Premier, paragonandole ai famosi arei di Mussolini, costretti in massa a fare il giro degli aeroporti per far credere al dittatore di possedere una flotta ben superiore a quella reale. Solo che nel nostro caso i destinatari dell’illusione sono tutti i cittadini italiani, presso i quali si vorrebbero spacciare provvedimenti già adottati come riforme nuove di zecca, nella migliore delle ipotesi (il bonus di 80 euro docet). Nella peggiore, invece, accade che vengano sbandierate misure del tutto irrilevanti o quasi come iniziative dalla tenuta economica e finanziaria più che granitica. È il caso, a mio avviso clamoroso, del così definito tesoretto – parola orribile della già orripilante neolingua politichese – di 3,3 miliardi di euro messi a copertura della correzione nel deficit statale concordata con l’Europa, a seguito della famosa lettera di chiarimenti firmata dal commissario Katainen.

Ebbene, senza entrare nel nebbioso territorio delle coperture renziane relative alla prima versione della legge di stabilità, giudicata da Bruxelles eccessiva dal lato del summenzionato deficit, la vicenda di codesto, presunto tesoretto ci offre l’ennesima, tragicomica prova di un Esecutivo che, oltre a raschiare il fondo di un barile finanziario fin troppo logoro, propone pericolosi miraggi in luogo di serie poste di bilancio. Tant’è vero che i tanto decantati 3,3 miliardi semplicemente non esistono, facendo parte di un precedente provvedimento del Governo Letta chiamato fondo taglia-tasse. Un fondo che, alimentato dai proventi della lotta all’evasione e da quelli della spending review, avrebbe dovuto fungere da salvadanaio per abbattere la pressione fiscale. In realtà si tratta di una delle tante partite di giro contabili all’interno di un sistema pubblico nel quale, soprattutto con l’avvento dei rottamatori al potere, il fabbisogno di cassa è sempre più drammaticamente in vantaggio rispetto a quello di competenza. Ciò, in soldoni, significa che la crescente velocità con cui il Tesoro spende i quattrini è tale da mantenere sempre in rosso la propria riserva finanziaria, sostenuta per l’appunto da immaginari tesoretti.

Ma non basta, come già detto, oltre alla chimerica lotta all’evasione, a rimpinguare detto fondo dovrebbe contribuire in modo importante la spending review, oramai diventata il caposaldo di ogni campagna politica di spese pazze. Una spending review, proprio come accadeva con gli aerei del duce, che viene dunque chiamata in causa dall’Esecutivo dei signorini soddisfatti ogni qualvolta ci si debba togliere dall’imbarazzo di una qualsiasi, rognosa copertura.

Oramai, al pari di un incoraggiamento e di una pacca sulle spalle, la spending review del new deal renziano non si nega proprio a nessuno, Europa compresa. Solo che di questo passo, a forza di allargare i cordoni della borsa mettendo a copertura risparmi di spesa che in pochi riescono a scorgere, al Governo in carica non resterà che distribuire un’ulteriore montagna di titoli di Stato con su stampigliato “spending review”, con buona pace di chi continua a credere nelle sorti certe e progressive delle chiacchiere al potere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25