Sulla vicenda dei marò<br / >arriva l’ultimo insulto

Per favore, diteci che non è vero. Diteci che la proposta italiana, rivolta alle autorità indiane, per la soluzione della vicenda dei marò, sia una bufala giornalistica. Ci rifiutiamo di credere che anche al più stupido dei nostri governanti sia potuto passare per la mente di servire a New Delhi le teste di Massimiliano Latorre e di Salvatore Girone su un vassoio d’argento. Perché di questo si tratterebbe, se davvero le nostre autorità si dichiarassero disponibili a scusarsi con gli indiani per il comportamento tenuto dai nostri fucilieri di Marina sulla petroliera “Enrica Lexie” in quel fatale 15 febbraio del 2012. E, come se non bastasse, a prestar orecchio ai rumors il nostro Governo sarebbe pronto a offrire alle famiglie delle “vittime” un lauto risarcimento.

Ma si rendono conto Renzi, Gentiloni e la Pinotti che una proposta del genere significherebbe un’implicita assunzione di colpevolezza? Devono essere impazziti se pensano che in questo modo si tolgono dalle scatole la rogna della detenzione illegale dei due marò presso uno Stato estero ostile. Se Latorre e Girone sono nei guai è solo colpa degli errori commessi dai nostri politici che, nel tempo, hanno avuto per le mani la patata bollente del caso “Enrica Lexie”. Hanno sbagliato tutto, fin dal principio. E ora non trovano di meglio da fare che scaricare la non-soluzione sulle spalle di due poveri cristi, la cui unica responsabilità è stata quella di obbedire agli ordini. Prima, durante e dopo l’incidente di cui sono involontari protagonisti.

Le fonti giornalistiche che hanno diffuso il contenuto dell’offerta italiana hanno fatto sapere che le autorità indiane stanno valutando la proposta. Probabilmente non l’accetteranno perché loro vogliono concludere la partita a punteggio pieno. Vogliono processarli e condannarli. Senza essere legittimati a giudicarli e, soprattutto, senza prove. Perfino senza accuse, visto che dopo tre anni dai fatti contestati non riescono a mettere su nemmeno uno straccio di capo d’imputazione che regga agli occhi della comunità internazionale. Non è escluso, quindi, che useranno le dichiarazioni del governo italiano per sostenere, quale unico indizio fondato, la colpevolezza dei nostri ragazzi. Il documento italiano per la pubblica accusa è oro piovuto dal cielo. Ce la immaginiamo la requisitoria del pubblico ministero indiano che, puntando il dito contro Latorre e Girone, sosterrà con voce stentorea: “Il loro governo ha offerto soldi e scuse, ergo: i due fucilieri della marina italiana sono gli assassini che cercavamo. Vanno condannati”. E non fa nulla che le prove non ci siano. Anzi, che quelle poche raccolte, e che non siano state distrutte in via precauzionale, raccontino tutta un’altra verità.

Niente di quello che dicono le fonti indiane combacia con una seria ricostruzione dei fatti. Eppure, sul banco degli imputati ci sono solo i nostri ragazzi. Vigliaccamente usati come capri espiatori. I nostri governanti hanno condotto questa partita in prima persona, già dalle prime mosse. È falso che il comandante della nave sia stato abbandonato a se stesso e per questo abbia agito in preda al panico. Altro fango che si butta su italiani perbene. Roma ha guidato le decisioni prese sul campo già dal momento in cui il comandante della nave chiese istruzioni sul come comportarsi rispetto all’ordine della capitaneria di porto indiana che intimava alla nave di far rientro nelle acque territoriali del Kerala.

Trovino adesso, i nostri politici, il coraggio di assumere una scelta di dignità che non venga pagata al prezzo dell’onorabilità dei due marò. Latorre e Girone lo dissero nell’imminenza del loro arresto illegale: “Verremo fuori da questa storia e ritorneremo in patria con onore”. Si rispetti la loro volontà. E la si smetta, una buona volta, di cercare soluzioni vergognose praticando la tortuosa via dei “magliari”. La strada maestra era e resta quella dell’arbitrato internazionale che accompagna e sostiene il rifiuto a riconoscere ogni legittimità giurisdizionale indiana in questa vicenda. Cosa stiamo aspettando?

Cari Renzi, Gentiloni, Pinotti e tutta l’allegra compagnia di Palazzo Chigi, se non siete in grado di portare la questione innanzi agli organismi internazionali, cosa fate lì? Siete capaci solo di scaldare poltrone? Per Natale fate un regalo agli italiani: togliete il disturbo. E andatevene a ramengo.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 16:48