L’assolutismo democratico di Tsipras

Il coro plaudente con cui la politica Italiana ha salutato la scontata vittoria di Alexis Tsipras nelle elezioni greche appare del tutto grottesco. Con varie sfumature, l’intero teatrino che alimenta la nostra democrazia di Pulcinella ha visto nell’ennesimo cambio di Governo ad Atene una decisa bocciatura nei confronti di “questa” Europa e di “questo” euro, allineandosi alla linea, molto popolare nell’area mediterranea, ostile ad ogni forma di rigore e di austerità.

Non pago dell’implicito allentamento nelle regole di bilancio che di fatto è stato inaugurato con il cosiddetto Quantitative Easing - il quale in estrema sintesi consente agli Stati più spendaccioni e irresponsabili dell’Unione Europea di ottenere uno sconto attraverso la scorciatoia dell’inflazione - il partito unico del deficit spending all’amatriciana rincara la dose, invocando da Bruxelles e da Francoforte nuove misure espansive. E tutto ciò lo si fa ancora una volta portando avanti la medesima impostazione politica, che potremmo definire dell’autoinganno di massa, che ha consentito agli estremisti di Syriza di trionfare all’ombra del Partenone. Una impostazione politica la quale, al di là delle sfumature tra destra, sinistra e frattaglie varie, propugna il dogma secondo il quale per mezzo della democrazia che si esprime correttamente nelle urne qualunque obiettivo appare raggiungibile, compreso quello fondamentale di creare dal nulla la ricchezza da redistribuire. Se così non fosse i greci non avrebbero attribuito un così vasto consenso a chi, nonostante l’inverosimile assistenzialismo che ha mandato in bancarotta il loro Paese, propone una nuova stagione di spese pazze, rincorrendo la catastrofica utopia di una società fondata sui bisogni illimitati dei propri cittadini-richiedenti.

Così come in Italia, nonostante l’enorme debito pubblico che ci soffoca, insieme ad una spesa pubblica e ad una tassazione abnormi, nel panorama politico-mediatico che conta non sarebbe tanto schiacciante il fronte contrario ai più elementari criteri di buon senso, soprattutto dal lato della finanza pubblica. Invece, chi più e chi meno, i nostri rappresentanti del popolo e le relative grancasse giornalistiche – tranne una sparuta minoranza di inascoltati osservatori liberali e libertari – hanno immediatamente arruolato il rampante Tsipras nelle schiere sfolgoranti delle moderne avanguardie rivoluzionare. Quelle che per intenderci interpretano la democrazia come un sistema per poter vivere allegramente coi quattrini degli altri, anche se questi ultimi stanno quasi per finire. Tanto è vero che la nostra più avanzata punta di diamante in fatto di democrazia acquisitiva, il Premier Matteo Renzi, ha espresso attraverso il suo entourage parole di apprezzamento per il nuovo presidente greco, accomunandolo in una battaglia contro la presunta austerità europea.

Si tratta ora solo di vedere come risponderà la parte più virtuosa della Comunità, Germania in testa, a questa surreale apoteosi delle cicale mediterranee, anche in previsione delle dissennate richieste in merito al proprio debito sovrano che lo stesso Tsipras si appresta ad avanzare al consesso europeo. A tal proposito, sarebbe cosa buona e giusta che l’Esecutivo dei miracoli spiegasse con grande chiarezza al popolo italiano che la tanto osannata democrazia dei pasti gratis, se nuovamente applicata alla lettera nel Paese ellenico, costerà all’Italia un congruo numero di miliardi, visto che ci siamo esposti per circa 40 miliardi nell’operazione salvataggio che ha impedito la bancarotta greca.

Sappiamo bene che per il signorino soddisfatto che governa a colpi di tweet i numeri e i bilanci risultano elementi particolarmente noiosi; tuttavia prima o poi i conti si fanno, con o senza la sanzione delle urne.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:19