La favola raccontata   dalla politica italiana

In merito all’interminabile crisi greca, che sta da giorni monopolizzando il dibattito politico anche in Italia, è difficile trovare tra i partiti più rappresentati una posizione appena ragionevole. Gli esponenti più in vista della nostra democrazia di Pulcinella, affrontando la delicata questione, raccontano tutta una serie di storie che ben poco hanno a che vedere con la realtà. Realtà che, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, descrive uno Stato già ampiamente fallito ed il cui governo guidato da Tsipras e Varoufakis , nonostante le sollecitazioni dell’Europa a limitare un bilancio pubblico assolutamente fuori controllo, si ostina a chiedere altre montagne di aiuti finanziari in cambio di vaghe promesse.

In sostanza, la questione nodale del mancato accordo tra greci e creditori sta tutta nella ferma volontà espressa dagli ellenici di garantire gli eventuali, futuri prestiti non dal lato di un necessario riequilibrio delle uscite, anticipando ad esempio la riforma di un sistema pensionistico insostenibile, bensì da quello molto incerto delle tasse, con tutta una serie di inasprimenti fiscali il cui gettito previsto è tutto da verificare.

Ebbene, in Italia abbiamo un’opposizione quasi tutta schierata a favore di Tsipras la quale, con varie sfumature, racconta l’edificante favola di un leader che combatte per l’autodeterminazione del suo popolo, contro la cattiva Europa a trazione tedesca. Una Europa che si ostinerebbe, secondo una certa demagogia che sfrutta a piene mani una diffusa ignoranza economica, a tenere chiusi per Atene i forzieri di un’enorme ricchezza la quale spetterebbe di diritto a tutti i membri della zona euro. Ma se questo non avviene, così come espresso con grande enfasi da Giorgia Meloni nell’ultima puntata di “Ballarò”, ogni Paese dovrebbe poter uscire dall’euro e dotarsi di una moneta in grado - testualmente - di creare ricchezza.

Da questo punto di vista, nel fronte arlecchinesco pro-Tsipras emergono due linee ben precise: quella sostenuta da Lega, M5S e Fratelli d’Italia, che vorrebbe utilizzare il presidente greco come un grimaldello per uscire dalla moneta unica; e quella portata avanti dalla galassia in perenne contrazione della sinistra radicale che intenderebbe invece restare nell’euro ma, al pari dei greci, utilizzare tale opportunità come un bancomat per finanziare ogni richiesta di spesa.

A completare il quadro non poteva certamente mancare il nostro premier, vero mago dell’illusionismo politico. La sua posizione risulta per alcuni versi ancora più surreale di quella portata avanti dalla nostra impresentabile opposizione. Egli è per una terza via, tra la presunta austerità imposta dall’Europa e il lassismo finanziario di chi non paga i debiti. Così come ha più volte dichiarato in questi ultimi giorni, Matteo Renzi vorrebbe rigore nei conti pubblici, superando però la fase dell’austerità con politiche volte alla crescita. Il ché, tradotto nella lingua dei comuni mortali, vorrebbe dire sforare ancora una volta il tanto bistrattato deficit del 3 per cento per drogare l’economia con nuovi prestiti.

In realtà, ci sarebbe un’ulteriore strada per rimettere in careggiata gli Stati canaglia che si ostinano a vivere al di sopra delle proprie possibilità: tagliare la spesa pubblica e abbattere contestualmente la pressione fiscale. Ma su questo piano sono tutti sordi in Italia per ovvie ragioni elettorali. Meglio cullarsi nell’illusione di improbabili terze vie o di catastrofici ritorni alla sovranità monetaria.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16