Una nuova architettura istituzionale dell’Europa

Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha affermato di recente che il suo Quantitative easing non basta, e che serve un nuovo patto per rafforzare l’Eurozona “che impedisca il riemergere delle sfide appena affrontate e che, soprattutto, rafforzi l’architettura costituzionale dell’area dell’Euro. È stata rivolta così tanta attenzione al nostro impegno per una moneta solida – ha continuato il numero uno della Bce – che si è pensato troppo poco ad altre cose. Dobbiamo ora guardare avanti, muovendo dalla stabilità per avanzare verso la prosperità. La crisi – ha detto Draghi – ha reso evidenti gli squilibri che si erano andati accumulando negli anni precedenti, certamente a causa dei gravi errori nelle politiche economiche degli Stati nazionali, ma anche a causa di manchevolezze nell’architettura istituzionale europea. Queste hanno poi contribuito a rendere lenta e macchinosa la risposta della politica economica alla crisi stessa. Il numero inaccettabile dei disoccupati, tra cui molti, troppi, sono giovani, è stato il prezzo pagato”.

Insieme all’enorme disoccupazione lamentata a otto anni circa dall’inizio della crisi, l’Europa tedesca della cancelliera Angela Merkel è nel caos, debilitata dentro e fuori i propri confini. L’invasione dei migranti ha di fatto platealmente dimostrato tutte le criticità che l’Europa tedesca si illudeva di poter nascondere dietro cerotti improvvisati, neanche rimedi. Le migliaia di disperati provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan, come dall’Eritrea, dalla Libia che si riversano oggi ed invadono ogni giorno l’Europa mostrano non solo la fragilità e frangibilità del sistema attuale europeo, ma la sua stessa incapacità a pensare, ideare o fare alcunché per farvi fronte.

Questa Europa tedesca oggi sbraita, o piuttosto gesticola vanamente, mostrando di essere tutto fuorché solidale, né tantomeno unita. Davanti alla crisi migratoria l’Europa tedesca ha sfaldato le proprie fila, e ogni Stato membro è andato per conto proprio, correndo dietro da solo al proprio interesse particolare, temporaneo. Gli Stati membri si sono voltati la faccia reciprocamente, in un miscuglio di paura, egoismo e interesse più o meno reale che in quel determinato momento si è ritenuto di volere difendere. Già con la crisi greca, tuttora affatto risolta, questa Europa ha cercato di soffocarla facendola ammutolire in qualche modo senza risolvere realmente alcunché; adesso, con i profughi, ai quali non si può firmare l’assegno perché non fuoriescano e restino a casa propria né li si può commissariare più o meno platealmente come si è fatto con i Paesi costretti a chiedere aiuti europei come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, la Spagna e Cipro, è il caos. La crisi dei migranti disperati non si risolve allargando alla bisogna la manica nella valutazione dei deficit pubblici, la cosiddetta flessibilità del Patto di stabilità, propinando la scusa di dover tenere conto dei costi eccezionali imprevisti che i Paesi europei devono sobbarcarsi. Il problema è diverso e più complicato.

L’Europa tedesca è solo stata in grado di rimanere basita di fronte alla marea umana che dilaga scatenando e scuotendo tensioni, problemi di identità e soprattutto gli equilibri socio-economici da cui difatti è emersa violenta intolleranza, xenofobia, credo anti-Euro, anti Europa tedesca. Si guardi alla Polonia, dove la destra ultraconservatrice anti immigrati e anti tedesca ha travolto il governo centrista che aveva drenato soldi proprio all’Ue rendendo il Paese la sesta economia dell’Unione, mai sfiorata neanche dalla crisi del 2007. L’Europa tedesca manca di strategie, piani o pensieri in grado di far fronte al proprio futuro, ancor prima che alla situazione emergenziale attuale. Le quote “obbligatorie e permanenti” di ripartizione intraeuropea dei profughi non sono passate, così come i centri di raccolta e di registrazione dei rifugiati e, meno che mai, i rimpatri dei non aventi diritto, perché l’unità è disunità, la solidarietà è il particulare di ciascuno e soprattutto perché non c’è un governo politico istituzionale europeo.

Ecco dunque i muri e i reticolati ai confini, presto anche la negazione di Schengen e muri tra gli Stati membri stessi. Ed ecco correre la Merkel in Turchia, da Erdogan, perché mantenga lui, ai suoi confini, i disperati, li tenga lontani, li fermi, non importa se si è trasformato in un presidente dittatore in patria che viola i diritti umani e quelli democratici fondamentali chiudendo stampa e giornali avversari ed incarcerando editori, neghi islamicamente la parità di genere uomo-donna, non rispetti tutte le minoranze e, soprattutto, ciò che è più grave, non importa se l’intera Europa scivoli così sotto il suo ricatto. Quella stessa Europa tedesca è totalmente irrilevante politicamente e diplomaticamente, incapace di fare alcunché se non stare a guadare la Russia di Vladimir Putin che tenta di stabilizzare la Siria e il Medio Oriente. La cultura e l’identità europea sono in balìa del nulla, degli altri, extraeuropei. Come dice il presidente Bce, Mario Draghi, serve un’architettura istituzionale europea, una nuova architettura costituzionale dell’area dell’Euro. Ma non si creda che, per l’Europa, quanto fatto sino ad oggi e soprattutto quanto sino ad oggi non fatto, non abbia un prezzo, pesante e caro, nel domani mondiale globale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10