Il lepenismo di risulta non è un’alternativa

Sul piano di una alternativa credibile al renzismo sono molto d’accordo con Arturo Diaconale quando bolla sia il lepenismo di Salvini e della Meloni e sia “il caos proposto dal Movimento Cinque Stelle”. Condivido anche, sebbene io nutra uno scetticismo che oramai si avvicina al pessimismo cosmico di leopardiana memoria, l’auspicio a ricostruire un centrodestra con una forte vocazione liberale, uscendo dal pantano del cosiddetto partito unico della spesa pubblica dal cui serraglio nessuna forza politica, grande o piccola che fosse, sembra mai essere sfuggita in quest’ultimo mezzo secolo.

In particolare, come ho già avuto l’opportunità di scrivere su l’Opinione, il citato lepenismo di risulta portato avanti, con qualche sfumatura territoriale, dalla Lega e da Fratelli d’Italia contiene due elementi programmatici di fondo che, se applicati, condurrebbero l’Italia nell’abisso di una decrescita molto infelice. Mi riferisco in particolare all’opzione - in verità leggermente attenuata in quest’ultimo periodo - di portare il Paese fuori dall’Euro, recuperando il nostro eldorado degli straccioni chiamato sovranità monetaria, e tornare ai fasti, per così dire, di un sistema pensionistico fondamentalmente a ripartizione.

In sintesi, per come sono andate le cose in questi drammatici anni di crisi, si tratterebbe di smantellare i due cardini che hanno di fatto impedito all’Italia di fare bancarotta. Senza la tanto bistrattata Legge Fornero, diventata il bersaglio ideale dei campioni del deficit-spending, difficilmente la febbre altissima che aveva colpito i nostri titoli di Stato si sarebbe attenuata. Così come uscendo dalla moneta unica, la quale ci consente di pagare interessi sul debito pari a quelli del 1978, ci saremmo incamminati velocemente sulla strada di Argentina e Venezuela, entrando in una terra sconosciuta denominata autarchia.

In sostanza, il combinato disposto di uno smantellamento tout court della citata Legge Fornero - che ricordo insiste su un spesa previdenziale che è quasi il doppio della media dei 34 Paesi dell’Ocse - e di una uscita dall’Euro farebbe letteralmente saltare in aria la sostenibilità del nostro colossale indebitamento e insieme ad esso il sistema-Paese. Non si tratta, pertanto, di bruscolini programmatici, bensì di opzioni politiche di fondo basate su presupposti, soprattutto in questo momento storico, assolutamente inaccettabili nell’ambito di in un fronte che vuole costituire una credibile alternativa tanto al renzismo dei miracoli, quanto al caotico partito degli onesti comandato da Beppe Grillo. Una seria proposta liberale avrebbe bisogno di ben altre proposte di lungo respiro.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:04