Ma Che fine ha fatto il Dalai Lama?

Che fine ha fatto, dove è ora Tenzin Gyatso, il quattordicesimo Dalai Lama, suprema autorità spirituale del buddismo tibetano e, fino a qualche tempo fa, anche leader politico di quel Paese? Può essermi sfuggito ma mi pare che l’illustre personaggio abbia smesso di portare la sua figura, la sua preghiera, in giro per il mondo, simbolo vivente e operoso del desiderio e della volontà di sopravvivenza della sua terra, dagli anni Cinquanta occupata dalla Cina e sottoposta a un duro regime tendente a sopprimerne le peculiarità identitarie - religiose, culturali ed etniche. È già un dimenticato? Sembra. Anche dai grandi amici radicali? Temo di sì.

Nel suo lungo, incessante pellegrinare, il Dalai Lama si vide più volte chiudere la porta in faccia, mi pare anche dal Vaticano. La sua presenza dava fastidio, Pechino inviava una nota di protesta al Paese troppo ospitale verso una figura ritenuta pericolosa per i suoi disegni. Al mite profeta della nonviolenza non restava che piegarsi al diktat, non sempre sostenuto e difeso da chi avrebbe dovuto. Ma una persona gli fu sempre a fianco, nutrito dei suoi stessi ideali e progetti, Marco Pannella.

Pannella non solo condivideva con lui la metodologia di lotta nonviolenta di origine e ispirazione gandhiana, ma appoggiò calorosamente la sua decisione, di non rivendicare più, per il Tibet, l’indipendenza dalla Cina occupante, ma di chiedere a Pechino di porre in essere una nuova statualità, con una Costituzione inclusiva, di tipo federale, che consentisse la salvaguardia dei valori diversi coabitanti sotto le stesse regole civili. Sarebbe stato probabilmente coinvolto in questa prospettiva anche il popolo degli Uiguri, mongoli mussulmani assoggettati da Pechino alla stessa violenza livellatrice: una questione su cui Pannella seppe attirare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale.

Pannella innalzò a tema universale la proposta del Dalai Lama, e soprattutto le sue motivazioni, che per il leder radicale avevano un valore rivoluzionario. Il Dalai Lama esplicitamente e più volte affermò che la sua indicazione tendeva ad aprire un orizzonte istituzionale più democratico: innanzitutto, per gli stessi cinesi. Abbandonato ogni progetto egemonico, Pechino sarebbe divenuto centro aggregatore di diversità e di valori anche “altri”, con indubbia crescita di consapevolezza civile. Marco Pannella fece sua e sviluppò la prospettiva, che inverava sue lontane intuizioni: il Dalai Lama diveniva il momento conclusivo di una storia su cui Pannella si era speso intensamente, da quando aveva sposato la causa dei Montagnards, il complesso polietnico di popoli che vivevano nelle montagne del Vietnam e vennero sistematicamente sottoposti a feroci angherie da parte dei governi vietnamiti. Pannella si batté anche in sede Onu perché il genocidio venisse fermato, attirandosi le ire di Pechino. Dai Montagnards al Dalai Lama, la difesa delle minoranze diventò uno degli obiettivi di fondo del partito pannelliano. Ma Pannella si spinse anche oltre, prefigurando un mondo nel quale ogni uomo e donna, indipendentemente da religione come da governo, da credenze e valori, possa godere di diritti analoghi, comuni: secondo il leader radicale, occorrerebbe stabilire una sorta di “Charter” dei diritti civili e umani a carattere universale, come approfondimento e inveramento del “Charter” dei diritti su cui è fondata l’Onu.

Il progetto è ancora attualissimo, non come sogno utopico ma come urgenza politica dei nostri tempi. Sovranismi e localismi, fondamentalismi e settarismi di ogni genere si oppongono oggi, in ogni parte del globo, al riconoscimento di una universalità dei diritti della persona che invece appare evidente esigenza dinanzi agli incalzanti eventi che stanno attraversando il nostro tempo in forma epocale, tra sconvolgimenti territoriali e inarrestabili migrazioni. Purtroppo, la scomparsa di Pannella sembra aver segnato una battuta di arresto nel confronto politico su questi temi. Non c’è più la sua determinazione, la sua intelligenza, a guidarci, i relitti scomposti e dispersi della galassia radicale, nel loro inseguirsi e disputare su questo o quel frammento della eredità del grande leader, hanno persino cancellato il nome del Dalai Lama dalle loro agende.

Troppo difficile, troppo attuale, troppo impegnativo. Forse sarebbe opportuno rimuovere, dalla sede del Prntt, la grande foto che ritrae i due leader abbracciati. Però, il Prntt è ancora tra le Ong riconosciute dall’Onu. E all’Onu il “Global Committee for the Rule of Law”, un soggetto della galassia di cui è presidente l’ambasciatore Giulio Terzi di S. Agata, sta lavorando su un tema molto pannelliano, il “diritto umano universale alla conoscenza”.

Perché non farlo nel nome e nello spirito del Dalai Lama?

Aggiornato il 21 giugno 2017 alle ore 13:41