Festeggiano un Paese alla deriva

Se il loro primario obiettivo era quello di raggiungere l’eldorado della decrescita felice, bene hanno fatto i grillini a festeggiare al Circo Massimo di Roma gli “strabilianti” successi del Governo del cambiamento.

In meno di cinque mesi sono riusciti, in concorso con la Lega, a far salire lo spread a livelli più che preoccupanti, dando il via a una inarrestabile fuga di capitali; hanno completamente isolato l’Italia nel consesso europeo, guadagnandosi una quasi certa e senza precedenti bocciatura della Manovra di bilancio; hanno centrato al primo colpo l’obiettivo di portare il rating sovrano a un passo dal cosiddetto livello spazzatura. Per non parlare poi del grande sconcerto che le loro continue sortite nel campo economico, un fritto misto di nazionalizzazioni e di dirigismo da burla, hanno creato nei vari settori produttivi di questa disgraziatissima comunità. Eppure i grillini festeggiano. È cresciuto ciò che gli esperti definiscono rischio ridenominazione, cioè il timore che l’Italia esca dalla moneta unica, e i grillini festeggiano. Sale il costo della raccolta delle risorse operata dalle banche - aggravata dallo scellerato provvedimento di abbattere le agevolazioni fiscali di queste ultime che verrà inesorabilmente traslato sui loro clienti - mentre diminuisce il loro valore patrimoniale, aprendo la strada a onerosi aumenti di capitale, e i grillini festeggiano.

Giungono da ogni dove segnali e allarmi più che inquietanti circa la direzione che ha deciso di intraprendere l’attuale Esecutivo, con molti autorevoli appelli a fermarsi prima che sia troppo tardi, ma i grillini festeggiano imperterriti. Una loro non più giovanissima militante, intervistata da un inviato de La7, ha addirittura dichiarato, all’apice dell’entusiasmo, che “abbiamo il premier più in gamba del mondo, tanto che ce lo invidiano persino in Patagonia”.

Certo è che, una volta che il popolo sovrano avrà sperimentato appieno l’effetto devastante di una politica economica che rischia di riportarci in tempi rapidissimi a una condizione di generalizzata povertà che il Paese neppure ricorda, giusto in Patagonia dovranno cercare rifugio gli artefici di tale catastrofe. Dopodiché, parafrasando un vecchio modo di dire del loro comico fondatore: “te la do io la festa!”.

Aggiornato il 23 ottobre 2018 alle ore 11:13