L’austerità di Pulcinella

In tema di legge di Bilancio, che ha appena ricevuto il via libera dal capo dello Stato per l’invio alle Camere, essa si fonda su un presupposto assolutamente falso.

Un presupposto che, come ha efficacemente spiegato l’amico Alessandro De Nicola nel corso della puntata di Omnibus di mercoledì scorso, parla di un’austerità imposta dall’Europa all’Italia del tutto negata dai numeri. Una tesi fantasiosa che lo stesso De Nicola ha smontato citando alcuni impietosi dati dell’Istat.

In estrema sintesi, i numeri ci dicono che dal 2007 al 2017 la spesa pubblica italiana, nonostante una gravissima crisi mondiale, è cresciuta del 2 per cento, mentre quella al netto degli interessi e degli investimenti, ovvero la cosiddetta spesa corrente, ha avuto un incremento che sfiora il 4 per cento. Tutto questo, poi, con un Prodotto interno lordo che ancora oggi è di quasi cinque punti al di sotto del livello pre-crisi.

Eppure i partiti attualmente al Governo giustificano le loro insensate misure espansive con la favola di un Paese costretto da Bruxelles a tirare la cinghia per non si sa bene quale occulto scopo. In realtà, come ha correttamente rilevato il presidente dell’Adam Smith Society, i fatti sembrano dimostrare che una maggiore spesa pubblica non determina automaticamente un aumento della ricchezza della nazione che applica tale ricetta, così come le grancasse propagandistiche dei pentaleghisti vorrebbero far credere a un elettorato sempre più confuso. Tant’è che proprio i Paesi che hanno applicato la vera austerità, con tagli autentici alla spesa pubblica, oggi crescono a un livello ben più alto del nostro.

In questo senso, dato che in Italia la vera austerità dal lato dei conti pubblici non si è mai vista, andare in giro a raccontare che con la Manovra del popolo si inverte finalmente la tendenza, è una balla colossale. In realtà, premendo l’acceleratore proprio sulla spesa corrente, non si fa altro che proseguire, con assai più spericolatezza, sulla irresponsabile strada dei precedenti Esecutivi, in special modo quello diretto da Matteo Renzi. Esecutivi che hanno approfittato del crollo dei tassi d’interesse, conseguente al Quantitative easing messo in atto dalla Banca centrale europea, per dilatare ulteriormente la politica delle mance elettorali, ben sapendo che si stava raschiando il fondo del barile.

Ma oggi, con i primi, inquietanti segnali di un evidente rallentamento dell’economia italiana, unito alla fine certa del citato Qe e al più che probabile effetto recessivo indotto dal rialzo dei medesimi tassi d’interesse, c’è il rischio concreto che la tanto strombazzata austerità di Pulcinella diventi per noi una austerità molto concreta imposta dai fatti. In special modo se i geni della lampada al potere si ostineranno a voler scassare a tutti i costi i conti pubblici per un puro tornaconto elettorale.

Aggiornato il 05 novembre 2018 alle ore 11:16