L’anno delle balle

Sul piano politico, il 2018 è stato senz’altro l’anno delle balle spaziali e, con la tradizionale conferenza stampa del Presidente del Consiglio, tenuta da Giuseppe Conte il 28 dicembre, si chiude veramente col botto, come si suol dire.

Ascoltando la sua inverosimile elencazione di presunti traguardi raggiunti dal Governo giallo-verde – un indigesto polpettone a base di bubbole e buoni intenzioni – abbiamo trovato una sola cosa sostanzialmente fondata: la manovra economica non è stata effettivamente scritta da Bruxelles. Anche perché, mi permetto di aggiungere, non credo che tra il resto della Comunità europea si troverebbe qualcuno disposto a sostenere un pacchetto di misure così ignominiosamente assistenzialistiche, per poi spacciarle come fulgide iniziative per la crescita.

Tuttavia, tra le tante cose piuttosto campate per aria espresse dal Premier, mi ha particolarmente colpito quella riguardante l’aumento della pressione fiscale prevista per il 2019. Aumento che l’Esecutivo stima in uno 0,4 per cento, sebbene alcuni autorevoli osservatori ritengano che sarà ben superiore. Ma onde rassicurare soprattutto gli elettori della maggioranza, che già cominciano a dare segni di cedimento, come ha già evidenziato su queste pagine Arturo Diaconale, il Premier Conte ha tenuto a precisare che i cittadini comuni non pagheranno affatto gli aggravi del prelievo tributario allargato, in quanto esso sarà quasi essenzialmente rivolto alle banche, alle assicurazioni, ai giganti del web e al gioco d’azzardo. E qui, occorrerebbe scriverlo sulla pietra con caratteri d’oro, il più debole Premier della storia repubblicana, nonché autoproclamatosi avvocato del popolo, raggiunge livelli di incompetenza economico-finanziaria mai toccati prima, ignorando al pari del principale ispiratore delle misure economiche del suo Governo, Luigi Di Maio, il concetto fondamentale della traslazione dell’imposta.

In sostanza, facendo suo un argomento lungamente utilizzato dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Conte vorrebbe convincerci che l’Italia non vive in un sistema di mercato avanzato, dunque sempre più integrato e interconnesso, laddove risulta inevitabile che alla fine della fiera è sempre l’ultima ruota del carro, ossia il consumatore o l’utente che dir si voglia, a pagare i maggiori costi fiscali sui summenzionati soggetti economici. L’Italia di Conte e di Di Maio vive dentro una bolla politica di pure scemenze, nella quale le grandi aziende che ricevono il pacco natalizio di maggiori imposte se lo incartano e se portano a casa propria, senza cercare in alcun modo di rifarsi sulla relativa clientela, così come accade da sempre nel mondo reale.

D’altro canto, se per decreto questi geni, incompresi dal resto del globo, hanno addirittura abolito la povertà, l’eliminazione dal dizionario economico-finanziario della citata traslazione dell’imposta rappresenta una mera quisquilia. Buon anno al Paese dei miracoli!

Aggiornato il 03 gennaio 2019 alle ore 10:33