L’avvocato delle cause perse

Sulla disperata vicenda dell’ex-Ilva, al pari di altre situazioni meno drammatiche, il Premier Giuseppe Conte sta dimostrando di essere un avvocato delle cause perse, per così dire. Egli è andato in giro per il Paese a raccontare tutta una serie di frottole circa la presunta illegittimità della decisione presa da ArcelorMittal di recedere dal contratto di affitto della più grande acciaieria d’Europa. Come infatti riporta con dovizia di particolari Il Sole 24 Ore dell’8 novembre: l’accordo di modifica del contratto di affitto con obbligo di acquisto di ramo d’azienda – scrittura privata siglata a Roma il 18 settembre 2018 tra Ilva, ArcelorMittal e altre cinque parti contraenti collegate – parla chiaro. Al punto 27.5 (Retrocessione di rami d’azienda) si legge che nel caso in cui venga meno il cosiddetto scudo penale per gli amministratori dell’acciaieria tarantina previsto dal Dl Renzi (1/2015) l’affittuario Arcelor “ha il diritto di recedere dal contratto attraverso una comunicazione scritta indirizzata alle Concedenti”.

Tanto è vero che alla fine di giugno di quest’anno, dopo che era stato tolto per la prima volta lo scudo medesimo, l’amministratore delegato di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, in una conferenza stampa tenutasi a Bruxelles minacciò di chiudere lo stabilimento in due mesi se non fosse stata ripristinata la stessa immunità di cui godevano in precedenza i commissari nominati dal Governo. Per questo motivo, dopo una estenuante trattativa all’interno del precedente Esecutivo giallo-verde, si decise – obtorto collo per i grillini – di reinserire lo scudo, sensibilmente depotenziato, con il decreto salva imprese all’inizio di agosto.

Dopodiché, come raccontano le cronache politiche di questi ultimi giorni, i grillini oltranzisti capeggiati da Barbara Lezzi, pasionaria del fallimento industriale della Puglia e dell’intero Paese, sono riusciti a sopprimere del tutto lo scudo della discordia, con il pieno appoggio degli altri partiti della maggioranza. E ciò, vista anche la difficile condizione del mercato dell’acciaio, non poteva che spingere la multinazionale franco-indiana verso l’abbandono del progetto.

Ma l’avvocato del popolo, seguito su questa linea anche da parecchi esponenti cosiddetti responsabili del Partito Democratico e di Italia Viva, ha continuato a menarci per il naso, spiegando di aver letto il contratto e di non avervi ravvisato alcuna possibilità di uscirne per la stessa multinazionale, se non a prezzo di onerosissime penali a suo carico. Balle! In realtà oramai il coltello dalla parte del manico ce l’ha ArcelorMittal e per esclusiva responsabilità di un Governo a trazione pentastellata in cui Conte sembra non avere altro ruolo che quello di cantastorie, oltre alle facenti funzioni di avvocato del popolo, ma solo delle cause perse.

Aggiornato il 13 novembre 2019 alle ore 12:54