Gli eroi a 5 Stelle della comicità

Non ho avuto il “privilegio” di seguire in diretta l’accaduto, ma quando ne hanno dato notizia gli organi di stampa stentavo a crederci. Mi riferisco ad un passaggio dell’intervista realizzata all’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, da Lucia Annunziata, nel corso del talk pomeridiano dalla stessa condotto, in onda la domenica su Rai 3.

Sul tema ancora caldo delle dimissioni dell’esponente grillino, assai noto per essere l’artefice delle imposte etiche su bibite e merendine, c’è stato questo inverosimile botta e risposta: “Lei ha minacciato di dimettersi ancora prima di giurare, da ministro. Poi perché si è dimesso prima di Natale? Che cosa è successo?”.

“Io l’avevo sempre detto – ha risposto Fioramonti – entro Natale, entro la Legge di bilancio, io il 23 di dicembre dopo una serie di interlocuzioni con il Presidente del Consiglio nelle settimane precedenti ho mandato una lettera dicendo: ‘a questo punto se non cambiano le condizioni, non posso fare altro che dimettermi dal mio ruolo’. E poi è stato Palazzo Chigi ad annunciare le mie dimissioni qualche giorno dopo”.

Dunque, stando così le cose sembrerebbe che questo ennesimo genio incompreso a 5 Stelle, il quale come è noto voleva depredare di altri tre miliardi il già vacillante bilancio pubblico per distribuire le sue personali mancette elettorali, stava solo realizzando una sorta di benefica provocazione, proprio finalizzata alla citata distribuzione di altri debiti, perché in sostanza è di questo che stiamo parlando.

Non voleva affatto andarsene dalla poltrona occupata, bensì solo aumentare la deterrenza della sua già ostentata minaccia, mettendola semplicemente nero su bianco e inviandola a quell’altro buontempone del Presidente del Consiglio. Solo che quest’ultimo non ha assolutamente compreso le vere, nobili intenzioni del suo collega di partito e di Governo, accettandole senza alcun indugio.

Forse al buon Giuseppe Conte, di concerto con le eminenze grigie del Movimento 5 Stelle, non gli sarà parso vero di poter cogliere la palla al balzo, togliendosi di torno un personaggio il cui evidente protagonismo stava diventato intollerabile pure dentro uno dei più scombiccherati esecutivi della storia repubblicana.

Comunque sia andata nelle segrete stanze del potere grillino, sicuramente dipinte di un verde speranza, il ridicolo colpo di coda finale di Fioramonti ci consente di valutare a che livello di infantilismo politico siamo giunti: finge di dimettersi con lo scopo ultimo di raggranellare, per così dire, una manciata di miliardi da un bilancio che già di per sé non sta in piedi per come è stato approntato.

Ed è a gente di tale spessore che un terzo degli italiani poco meno di due anni orsono ha affidato le sorti del Paese. Ogni ulteriore commento sarebbe a questo punto superfluo. Personalmente continuo a consigliare tutti, in attesa che si esaurisca del tutto la fase degli sprovveduti dilettanti allo sbaraglio, di indossare l’elmetto. Potrebbero piovere sulle nostre teste altre grandinate di pesantissime scemenze.

Aggiornato il 17 gennaio 2020 alle ore 11:10