Perché questa signora ancora parla?

“Ora in tanti mi danno ragione. Fra una settimana non parleremo più di coronavirus, ne farò un ciondolo”.

Così parlava il 26 febbraio scorso Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano il quale, insieme allo Spallanzani di Roma, rappresenta il principale punto di riferimento nel campo della malattie infettive.

Da qui ne scaturì la durissima reazione dell’illustre virologo Roberto Burioni, costretto poi a scusarsi pubblicamente con la Gismondo sotto il fuoco incrociato di assurde accuse di sessismo piovute soprattutto da ambienti della cultura radical chic. Ma già in precedenza, il 23 febbraio, la stessa scienziata aveva sparato a zero contro quello che, a suo avviso, sembrava un allarme ingiustificato, pubblicando il seguente post: “È una follia questa emergenza. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale”.

Ovviamente, trattandosi di una personalità ai vertici dello specifico settore sanitario, le sue parole hanno pesato non poco. Se non altro esse hanno significativamente contribuito ad aumentare la grande confusione ed incertezza che regnava nel Paese e, soprattutto, all’interno dei vertici del potere politico.

Ebbene, al pari dell’articolista de Il Primato Nazionale, il quale ha raccolto una lunga sequela di irresponsabili dichiarazioni espresse dall’insigne virologa, a questo punto ci chiediamo: ma perché la professoressa Gismondo parla ancora? E perché, così come ha fatto Giovanni Floris invitandola martedì scorso nel suo salotto televisivo, viene continuamente interpellata dai media? Dopo simili topiche prese nei confronti di quella che si sta rivelando come la più grave emergenza italiana dal dopoguerra, forse sarebbe il caso di adottare una rigidissima quarantena verbale, emulando per qualche tempo la quiete dei frati certosini.

D’altro canto, non ci permettiamo di mettere in dubbio le competenze di questa riconosciuta scienziata, tuttavia già quello che arrivava nei mesi scorsi dalla Cina faceva presagire a noi profani un pericolo ben più grave della semplice influenza stagionale. Tutto questo anche senza gli illuminanti, sebbene all’inizio poco ascoltati, avvertimenti dello stesso Burioni. Ma ora che la frittata comunicativa è stata fatta, sarebbe assai più dignitoso ritirarsi in buon ordine.

Aggiornato il 12 marzo 2020 alle ore 11:17