“Dibba” insegna giornalismo a pagamento nella scuola dei figli di papà

Ormai il giornalismo – come per altri versi la magistratura della pubblica accusa, da decenni unita al primo in una sorta di rapporto incestuoso – sta perdendo ogni credibilità. E anche l’Ordine dei giornalisti, istituzione che risale al ventennio e che in molti altri Paesi non esiste, rischia di diventare solo un inutile ente distributore di stipendi come tanti altri tra quelli di diritto pubblico.

Se così non fosse la notizia di una sorta di scuola di giornalismo fondata da quattro figli di papà giornalisti, cioè i rispettivi rampolli di Enzo Bettiza, Gad Lerner, Enrico Mentana e Giulio Gambino, che fa corsi a pagamento (185 euro) e che usa come specchietto per le allodole – meglio i polli – nientemeno che Alessandro Di Battista, non sarebbe dovuta passare inosservata. Né tantomeno liscia. Certo, esiste il libero mercato e ognuno può impiegare i propri soldi come meglio crede. Ne sanno qualcosa i santoni di tante sette new age che promettendo l’equilibrio psicofisico e spirituale e intanto prosciugano i portafogli di tanti gonzi. Ma che anche l’arte di scrivere debba essere messa a rischio da fenomeni che presentano inquietanti analogie con quello appena nominato è veramente una cosa che “non ce se crede”. Per dirla alla romana.

Dobbiamo la scoperta di questa notizia a Laura Cesaretti che ieri sul “Giornale” fa le pulci alla su citata scuola di giornalismo che promette a chi sborserà 185 euro chissà che cosa “dalle nostre più importanti firme”. Tra cui quella di Alessandro “Dibba” Di Battista, che a quanto risulta non sarebbe neanche professionista (e questo è il meno), ma che soprattutto è veramente apodittico definire “una delle nostre più grandi firme”. Di lui infatti si ricordano solo diari di viaggio delle proprie vacanze “intelligenti” di ispirazione vetero terzomondista, in Iran, “terra di grandi popoli”, ma soprattutto in Guatemala.

Va detto che la notizia che potrebbe far arrabbiare per il miscuglio di spocchia e presunzione, oltre che per il prezzo di un simile pseudo-stage, non viene presa sul serio neanche nelle rassegne stampa che la citano. A Radio radicale, ad esempio, il buon Carlo Romeo, citando Di Battista e il Guatemala ha anche rievocato l’indimenticabile canzone degli Squallor il cui ritornello faceva “Guatemala, Guatemala, Maremma maiala”.

In prospettiva l’inno di una futura classe di giornalisti.

Aggiornato il 01 ottobre 2020 alle ore 10:50