I kulaki del terzo millennio

Come è noto soprattutto agli appassionati di storia, i kulaki erano una categoria di contadini relativamente agiati che, per tutta una serie di ragioni politiche ed economiche, furono letteralmente sterminati durante la collettivizzazione forzata realizzata durante i primi anni dello stalinismo. Ebbene, a distanza di quasi un secolo da questo gigantesco crimine di massa, anche noi abbiamo, con le ovvie, debite proporzioni, i nostri moderni kulaki. Mi riferisco a quella vasta platea di produttori privati, inclusi i loro dipendenti e collaboratori, che certamente non rischiano il plotone di esecuzione o la deportazione in Siberia, così come avvenuto in Unione Sovietica per milioni di disgraziati, bensì una semplice ma catastrofica morte economica, con la definitiva chiusura di centinaia di migliaia di imprese.

Tutto questo a causa non del Sars-Cov-2, ma in forza di un progressivo strangolamento a colpi di chiusure cui il Governo giallorosso sta letteralmente massacrando interi settori economici del Paese. Un Governo il quale, continuando a farsi schermo di un sinistro Comitato tecnico scientifico, proprio non ne vuole sapere di contemperare le vitali esigenze dell’economia, con cui ricordiamo si finanzia anche la sanità pubblica, con quelle della tutela sacrosanta delle fasce più fragili della società, dal momento che pure i sassi dovrebbero aver compreso che ci troviamo di fronte ad un virus opportunista che mette in pericolo i soggetti sostanzialmente immunodepressi. Invece i geni della lampada che occupano la stanza dei bottoni, sempre sulla scorta delle quotidiane divinazioni di questo fantomatico Cts, prima inondano di protocolli chiunque svolga una qualunque attività privata, obbligando i malcapitati ad investire parecchi quattrini in misure di “protezione”, per poi tirare una riga, mandando tutti a casa perché così vuole l’incredibile algoritmo posto a tutela della nostra salute biologica. Dico biologica perché di quella economica, psicologica e relazionale i santoni del pensiero unico del virus sembrano infischiarsene altamente.

Tutto questo scempio di risorse umane ed economiche viene giustificato con l’esigenza primaria di risparmiare il Natale, come se con qualche settimana senza bar, ristoranti, palestre, piscine e quant’altro il Coronavirus allenterà la presa, facendoci passare in santa pace le più importanti festività dell’anno. Basta leggere un recente rapporto dell’Istituto superiore di sanità, in cui si dice che il 77 per cento dei focolai da contagio sono intrafamiliari, per rendersi conto della tragica ridicolaggine di far la guerra al virus attraverso la chiusura forzata di così tante aziende private. In questo senso mi trovo completamente d’accordo con quanto sostiene da tempo Nicola Porro: con queste misure, che al Sars-Cov-2 fanno il solletico, gli unici a rimetterci le penne economiche saranno i succitati kulaki del terzo millennio. Poi voglio vedere chi finanzierà le pensioni e gli stipendi pubblici di quei milioni di tifosi, con le chiappe al caldo, del lockdown all’amatriciana.

Aggiornato il 12 novembre 2020 alle ore 09:22