La cronaca fanta-giudiziaria

I supereroi cinematografici della fantascienza o i resoconti della fantapolitica non bastavano più agli italiani. Da tempo la nuova moda è rappresentata dalla cronaca fanta-giudiziaria. Un miscuglio di teoremi e di desiderata di alcuni fantasiosi pm d’assalto – antimafia, anticorruzione e in genere anti-tutto – che, supportati da anni da pentiti capaci di inventarsi qualunque racconto pur di ottenere benefici economici e carcerari, hanno finito per essere accettati dalla pubblica opinione. Mentre chi li ispira, generalmente, a propria volta aspira a diventare famoso e stare sempre in tv. E un bel giorno a scendere in politica. È una faccenda che va avanti per lo meno dal caso dell’errore, e dell’orrore giudiziario, perpetrato ai danni di Enzo Tortora nei primi anni Ottanta. La fanta-cronaca giudiziaria ovviamente è sponsorizzata anche da quella pletora di giornalisti che ha scelto, come scorciatoia per fare carriera, di stare sempre e comunque dalla parte della pubblica accusa. Anche se l’inchiesta si basa su “asini che volano” o giù di lì. In cambio di simili attenzioni pubblicistiche e delle relative carezze lascive alle loro fanta-inchieste, certi pm non solo danno notizie fanta-giudiziarie in esclusiva, ma alla fine inglobano il cronista in questione in un corto circuito tale – fatto di apparizioni nei talk show – che la notorietà e la fama si trasmettono per luce riflessa. E così (tranne i malcapitati imputati) vivono tutti felici e contenti.

Ne sa qualcosa di queste fanta-inchieste mediatico-giudiziarie, ad esempio, Ilaria Capua, costretta a lasciare l’Italia dopo essere stata accusata da un noto settimanale di trafficare in virus e dopo avere subito anche una fanta-indagine conclusasi, dopo anni, con una piena assoluzione. Ma i casi sono ormai migliaia. Il più noto di essi è il famoso processo sulla “trattativa Stato-mafia” che recentemente ha goduto delle morbose attenzioni di una trasmissione televisiva di solito molto seria. Il tutto mentre è in corso il processo di appello. Dopo che in primo grado le teorie fanta-giudiziarie dei pm che lo hanno istruito hanno ricevuto una discutibilissima conferma. Anche se in

molti processi paralleli, che negli ultimi venti anni hanno trattato dello stesso oggetto di indagine, con buona pace del “ne bis in idem”, la teoria fanta-giudiziaria della trattativa è stata sempre smentita. Ma nella trasmissione televisiva in questione quelle altre smentite e assoluzioni non sono state evidenziate con lo stesso entusiasmo con cui, invece, si è parlato del processo di primo grado e delle motivazioni relative.

Il pezzo forte delle cronache e delle inchieste fanta-giudiziarie consiste nel fare parlare i morti di altri morti che, dopo un lungo gioco di specchi, arrivano ad accusare i vivi. Con una possibilità di riscontro prossima allo zero. Anche nel processo per la strage di Bologna svoltosi appena 38 anni dopo i fatti nei confronti dell’ex terrorista dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari) Gilberto Cavallini si è usata questa strategia. E si è arrivati alla condanna. Strategia peraltro utilizzata in precedenza anche per affibbiare la stessa pena dell’ergastolo per quel terribile episodio a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, all’epoca militanti nel terrorismo neofascista dei Nar come Cavallini. Questo contando anche sul fatto che nessuno avrebbe avuto nulla da ridire per un ergastolo in più comminato, generosamente, a chi già ne scontava parecchi altri. Discorso poi ripetuto 38 anni dopo per lo stesso Cavallini: in fondo se devi stare sempre in carcere che te ne frega se io stato chiudo un’inchiesta con un colpevole di repertorio? Mica starai a fare la “mammoletta”?

E infatti, seguendo questo implicito retropensiero, il metodo del “47 morto che parla” – per citare le commedie di Totò – è anche alla base della nuova inchiesta monstre, sponsorizzata nella medesima trasmissione tv di cui sopra, sui “mandanti” della strage di Bologna. Tutti rigorosamente morti accusati per lo più da altri morti. Le cui parole, però, sono riportate da pentiti vivi che dicono di averle sentite a suo tempo dai defunti di cui sopra. E ricordate a decine di anni di distanza. Un metodo perfetto. Buono anche per i processi dei regimi totalitari di ieri, oggi e domani. E così si va avanti. Anche perché in un mondo che vive di complottismo e fake news propalate dai social network e anche dai giornali, e da quei giornalisti specialisti in fanta-giudiziaria, chi la spara grossa viene sempre creduto. E anche gli italiani sembrano di essere di bocca buona in materia di cronache fanta-giudiziarie, bevendosi di tutto, specie se fa a pugni con la logica elementare.

Aggiornato il 19 gennaio 2021 alle ore 09:34