I morti usati come clava politica

A memoria, non ricordo una così lunga e asfissiante strumentalizzazione dei morti, così come si sta facendo da quasi due anni. Ne ha dato ampia dimostrazione alla Camera Mario Draghi, nel suo intervento di mercoledì scorso, in cui, parlando della pandemia ha dichiarato: “Dopo aver avuto 132mila morti io credo che in coscienza bisogna fare tutto il possibile e tutto quello che è necessario”. Si tratta di un chiaro segnale che fa ben poco sperare in un allentamento delle misure – su tutte l’abominevole green pass esteso a tutti i lavoratori – che continuano a caratterizzarci come il Paese europeo con le restrizioni più rigide. Inoltre, il premier si allinea a quel tipo di comunicazione fuorviante e manipolatoria che tende a far passare la falsa idea di un virus terrificante, il quale colpirebbe a casaccio chiunque lo incontrasse. In questo modo, mantenendo alta l’asticella del terrore, la maggioranza dei cittadini italiani, poco inclini a leggere i numeri, si convincono che le stesse misure liberticide sono essenziali per salvare loro la pelle. Questo detto molto in soldoni.

Tuttavia, basterebbe leggere l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità sui decessi Covid degli ultimi otto mesi per comprendere la reale portata del fenomeno usato come una clava politica anche dall’ex presidente della Bce. Basti pensare che i vaccinati morti avevano in media 5 gravi patologie pregresse, mentre i non vaccinati 3,9. Con un’età media, rispettivamente, di 85,5 e 78,3 anni. Tutto questo chiama in causa ancora una volta i criteri con i quali si continuano a conteggiare i morti medesimi, dando la sensazione a chi non ha ancora portato il cervello all’ammasso che questi ultimi vengano gettati a casaccio in un immenso calderone mediatico, con lo scopo principale di giustificare un perenne stato di emergenza senza emergenza.

In realtà, confermandosi la tendenza del Sars-Cov-2 a colpire in maniera seria i soggetti molto fragili, risulta ancora più evidente l’assurdità delle precauzioni che vengono imposte all’intera popolazione, come se ci si dovesse difendere dalla peste bubbonica.  In un mondo normale, sulla base dei succitati numeri, quel “fare tutto il possibile e tutto quel che è necessario” si tradurrebbe in una linea simile a quella adottata in Svezia o nel Regno Unito: convivere con il virus e proteggere chi veramente ne ha bisogno. Si tratta ovviamente di una linea lontana anni luce da quella della massima precauzione seguita dal nostro illustre premier. Linea delle amorevoli restrizioni che con l’arrivo dell’inverno ci riserverà sicuramente altre straordinarie sorprese, se così vogliamo definirle.

Aggiornato il 23 ottobre 2021 alle ore 09:10