In questa epidemia il giornalismo ha rinnegato se stesso

Da circa due anni, mattino, pomeriggio e sera, da ogni emittente televisiva, piccola, grande, media, campeggiano i cosiddetti programmi di approfondimento interamente dedicati alla pandemia: una ossessione perenne e pervasiva che credo ormai sia divenuta, per i giornalisti che li organizzano, non più un problema professionale ma un vero caso clinico. Ma non è questo che qui mi interessa. Mi interessa invece rilevare come e quanto, nell’ambito di queste trasmissioni, troppi giornalisti abbiano perduto se stessi e perciò anche il loro importantissimo mestiere. Già. Ma quale sarà mai il loro mestiere? Il loro mestiere è semplicemente (per modo di dire, s’intende) quello di trasmettere alla platea dei lettori o degli ascoltatori le notizie di cui vengono a conoscenza e di farlo nel modo più fedele e completo possibile. Si aggiunga che la stampa in un sistema democratico viene vista tradizionalmente come il “cane da guardia” del potere costituito, come la garanzia della libertà dei cittadini. Nulla di più ma anche nulla di meno.

Ora, prendendo le mosse da questa ovvia indicazione, va notato che quasi tutti i conduttori televisivi delle suddette trasmissioni, nel corso di questa pandemia, deviano più o meno gravemente dal loro compito professionale. Innanzitutto, ciascuno di essi, forse per una sorta di ipertrofia dell’ego, è decisamente logorroico. Intendo dire che costoro non si limitano a formulare domande, ma avanzano considerazioni, azzardano spiegazioni, contraddicono alcuni degli ospiti, assumendo la veste di veri e tendenzialmente soli protagonisti della trasmissione, finendo con il relegare gli ospiti a fare da semplice contorno. Si tratta di una tendenza comune a tutti, senza eccezioni, sia sulla Rai che su Mediaset o su La7. Tuttavia, questa tendenza non si limita a nascondere soltanto una gratificazione personale, ma allude anche a qualcosa di più profondo e pericoloso: e cioè al fatto che i conduttori – chi più chi meno – si sentono e credono di essere i padroni della trasmissione, i depositari del bene e del male, i detentori della verità da dispensare ai fruitori se, come e quando loro preferiscano.

Insomma, un delirio di onnipotenza del quale nessuno li mette in guardia. Nessuno ricorda loro che essi ci sono – invece di non esserci – non perché siano simpatici o belli o bravi, ma perché esistono milioni di italiani che si aspettano di conoscere le cose come sono attraverso le loro trasmissioni: e invece non si aspettano di assistere al triste spettacolo di uno che, spadroneggiando nello studio, dispensa biasimi e rimbrotti o spegne le telecamere che inquadravano uno degli ospiti se costui si macchi di una qualche oscura colpa che egli giudica e condanna in modo inappellabile, del tutto incurante dell’interesse di chi assista dal salotto di casa. Insomma, l’esatto contrario di ciò che dovrebbe essere. Da qui probabilmente la frana che ne deriva.

Voglio alludere a un “harakiri” di molti giornalisti, i quali, non avendo a cuore gli interessi di chi ascolti, hanno soltanto i propri o quelli della emittente presso la quale lavorano. E si vede. In particolare, va qui denunciato un fatto ormai sotto gli occhi di tutti, in tutte le trasmissioni ove si parli della pandemia (cioè in tutte): il conduttore è sommamente interessato a seguire il “mainstream” attuale, evitando o arginando accuratamente interventi che ne possano revocare in dubbio i fondamenti. Facciamo qualche esempio.

Primo esempio. Siamo a “Piazza pulita”, presso Corrado Formigli. Alberto Contri, docente di Comunicazione sociale presso lo Iulm e presidente di una società per la formazione dei medici, improvvisamente chiede al virologo Matteo Bassetti se per caso lui abbia prestato consulenze presso la Pfizer o se ancora le presti. Silenzio di ghiaccio in studio. Bassetti non può nasconderlo, ma afferma di prestare consulenza alla Pfizer per gli antibiotici e non per i vaccini. A quel punto, Ugo Mattei, docente di Diritto pubblico, interloquisce dicendo che Bassetti forse avrà cambiato mestiere, divenendo un propagatore di vaccini. Bassetti si offende e lascia lo studio. Formigli si offende pure lui e spegne la telecamera che inquadrava Mattei, per punirlo della sua cattiva condotta. Ora, ammettendo pure che l’intervento di Mattei fosse assai pungente, perfino astioso, è questo un buon motivo per censurare Mattei? O forse non avrebbe fatto meglio Formigli a ricordare che gli spettatori avevano diritto si saperne di più e che perciò avrebbe dovuto approfondire il tema? Dopotutto, che un virologo come Bassetti, che passa buona parte della sua giornata in televisione a dirci che dobbiamo tutti vaccinarci, lavori e perciò incassi delle somme proprio dalla Pfizer, cioè dalla casa che produce i vaccini che lui sponsorizza, non è cosa che possa passare in secondo piano. Almeno non per tutti noi. E invece sì per Formigli, che chiude la questione prima che si apra il vaso di Pandora. E chi si aspettava di capire meglio, di sapere se per caso ci sia un gigantesco conflitto di interessi che incombe su Bassetti? Nulla di nulla. Formigli in tal modo si è suicidato dal punto di vista professionale. Ma non lo sa.

Secondo esempio. Siamo a “L’aria che tira”, presso Myrta Merlino. Il professor Claudio Giorlandino, che non è un fornaio o un gondoliere, ma un medico e ricercatore, dice una cosa molto importante e cioè che la terza dose è quasi inutile, in quanto gli anticorpi dei già vaccinati sono ormai tarati sul virus originario, mentre adesso poco potrebbero sulla variante Delta, quella oggi presente in Italia. Senonché Fabrizio Ernesto Pregliasco, ospite anch’egli, prima è costretto a dare ragione al collega – anche se a denti strettissimi – ma subito dopo aggredisce Giorlandino, invitandolo a non dire sciocchezze e a tacere. Merlino prima sgrana gli occhi alle parole di Giorlandino, poi tace e acconsente alle parole di Pregliasco, senza minimamente approfondire il tema e senza dare il diritto di replica a Giorlandino. Cala il sipario. Gli spettatori dotati di un cervello pensante restano sbalorditi, per un tema accennato ma che, benché rilevantissimo, viene messo sotto silenzio. Merlino si è suicidata dal punto di vista professionale. Ma non lo sa.

Terzo esempio recentissimo. Al tg de La 7, intervistato, Guido Rasi dice che i vaccini per i bambini sono pronti, ma che tuttavia le vaccinazioni saranno parecchio lente, perché molti genitori sono ancora incerti, “per colpa (letterale) dei colleghi che hanno detto ciò che non dovevano dire, sollecitando dubbi nei genitori”. Qui davvero abbiamo di che allibire e temere moltissimo. Dunque, ci sarebbero cose che non si devono dire? E quali sarebbero? E perché? E cosa dovrebbe essere taciuto su di un tema così delicato come la salute dei bambini? Ci si rende conto della gravità di ciò che Rasi ha candidamente affermato, senza rendersene conto? La cosa strabiliante è che il giornalista di cui non ricordo il nome non ha battuto ciglio, considerando normale quanto accaduto. Costui si è suicidato dal punto di vista professionale. Ma non lo sa.

Ultimo esempio, ciliegina sulla torta. Enrico Mentana e Monica Maggioni – con la benedizione di Umberto Galimberti – hanno dichiarato che non ospiteranno più nelle loro trasmissioni i cosiddetti No vax. Bene. E chi decide chi lo sia o non lo sia? E perché e a qual titolo si opera una censura preventiva sulle opinioni dissenzienti? Siamo davvero arrivati oltre ogni limite immaginabile. Due direttori di testata che pensano bene non – come sarebbe loro vocazione – di riportare agli spettatori le cose che accadono e soprattutto il dissenso che si agita nella compagine sociale, ma ritengono di selezionare preventivamente le informazioni, dando voce ad alcuni (i favorevoli al vaccino) e silenziando gli altri (i contrari al vaccino). Il Minculpop, al confronto di questi nostri bravi giornalisti, è uno scherzo da buontempone. Mentana e Maggioni così si sono suicidati dal punto di vista professionale. Ma non lo sanno.

Tutti costoro (Mentana, Maggioni e gli altri) sono perciò dei “morti” che camminano e che parlano dagli schermi televisivi. Tuttavia, sono pericolosissimi. La loro voce, nella pandemia, suona spaventosamente sinistra. Come la campana a morto della nostra democrazia, della nostra libertà, della nostra stessa vita.

Aggiornato il 07 dicembre 2021 alle ore 10:22