Scurati: lessico da matita blu

Diversi anni or sono, Alberto Savinio, fratello, sotto pseudonimo, del più noto Giorgio de Chirico, ma di pari ed eccelsa intelligenza, notava che se i tedeschi sbagliarono a votare a favore di Adolf Hitler – il quale salì al potere legalmente attraverso le elezioni – non fu per non averne ascoltato i violenti discorsi o per non aver letto con sufficiente attenzione il Mein Kampf, ove egli prefigurava in modo dettagliato i suoi obiettivi politici. Fu, invece, per non aver visto e valutato gli acquerelli che Hitler, fissato con la mania della pittura, aveva confezionato nel tempo. Se l’avessero fatto, valutandone l’imbarazzante puerilità, non l’avrebbero di certo votato e la storia avrebbe preso un’altra direzione. Allo stesso modo, può dirsi del caso di Antonio Scurati che oggi riempie le pagine dei giornali. Senza che occorra entrare nel merito delle polemiche sulla censura alla quale sarebbe stato sottoposto dalla Rai, c’è invece una riflessione che va posta alla base di ogni altra considerazione.

Ed è che se c’è un motivo in forza del quale la Rai non dovrebbe concedere a Scurati una ribalta personale, non è certo per i suoi monologhi che – al pari di quello da lui non pronunciato ma pubblicato e declamato ovunque – gronderebbero di vetusti retaggi ideologici e comunque trasmetterebbero soltanto le banalità di affermazioni trite e consunte, ma peraltro e più concettoso motivo: Scurati non sembra padroneggiare il lessico della lingua italiana. Infatti, nell’ambito della recente polemica di cui è stato protagonista, Scurati ha dichiarato che non intende assumere “una posizione vittimaria”, perché – conclude – “non voglio fare la vittima”. Ora, è il caso di rilevare che “vittimaria” non è un aggettivo tale che possa essere usato – come fa Scurati – quale attributo di “posizione”. Si tratta invece, come ribadisce ogni buon vocabolario, di un sostantivo – “vittimario” – che sta a indicare colui che nella Roma antica era addetto ai sacrifici rituali degli animali offerti agli dei per propiziarne la benevolenza. Sicché, l’uso che ne ha fatto Scurati appare del tutto fuori luogo, palesemente errato e privo di senso compiuto.

Ebbene, se un pacchiano errore di tal genere fosse stato consumato da uno qualunque dei parlanti la lingua italiana, sarebbe già da censurare; ma se vi incorra uno che – come Scurati – si dice scrittore e per giunta scrittore vincitore del Premio Strega, allora la cosa diventa assai più grave e inesplicabile. Per questo la Rai – per fedeltà al suo compito di servizio pubblico e senza operare alcuna censura – dovrebbe curare affinché il palco televisivo, per un proclama pubblico, vada riservato a chi parli una buona lingua italiana e non ad altri. Altrimenti, chi ci salverà da simili scrittori? Chi, se premiati con lo Strega?

Aggiornato il 29 aprile 2024 alle ore 13:39