Una guerra tra sordi descritta da ciechi: il fallimento della politica

Carl von Clausewitz, generale prussiano, ricordava che “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è dunque solamente un atto politico ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico”.

L’attuale drammatica guerra in Ucraina diventa un tragico esempio della mancanza di una politica capace di anticipare il dramma di un conflitto armato tra sordi incapaci di sentire le ragioni altrui e descritto da ciechi, i media che si fermano alla notizia del giorno incapaci di guardare un sistema globale che sta violentemente cambiando. Non si capisce e non si chiarisce una guerra fatta con due modi di combattere, la finanza e i cannoni. Lo scontro mette in discussione gli equilibri globali sul piano bellico, su quello della finanza e sugli equilibri globali.

La lettura della storia è fondamentale per capire i motivi del fallimento della politica che rimanda le decisioni per paura o per comodità, portando la politica alla guerra che non nasce mai per caso ma è la risoluzione di conflitti non affrontati in sede politica, come spesso si è verificato nella Storia. La Prima guerra mondiale è iniziata a causa dell’attentato a Sarajevo all’arciduca Francesco Ferdinando d’Austria ma tutto era già scritto e quell’evento è stato il pretesto per lo scontro dovuto all’immobilismo politico. Allo stesso modo, la Seconda guerra mondiale trova la causa nella politica: le rigide sanzioni alla Germania da parte delle nazioni vincitrici, Francia in primis, poste come risarcimento danni nel corso del precedente conflitto bellico (i tedeschi sarebbero dovuti arrivare al 1960 per pagare i loro debiti). John Maynard Keynes aveva manifestato apertamente la sua contrarietà, conoscendo lo spirito di rivalsa dei tedeschi. Infatti, la Germania messa alle strette dalla povertà e dall’inflazione ha trovato in Adolf Hitler il suo apparente vincitore con l’avvio della Seconda guerra mondiale, di fatto legata alla cattiva politica che ha seguito il primo scontro bellico.

L’Ucraina è stata creata da Lenin, Vladimir Putin condanna l’azione di Lenin, ma legata alla Russia ha dato i natali, oltre a Lenin, a Nikita Kruscev e a Leonid Breznev, mantenendo una forte integrazione nel sistema sovietico. Tutti i grandi dissidenti russi hanno sempre parlato e scritto dell’Ucraina come se fosse Russia. E la storia del pensiero degli scrittori ucraini è spesso accomunata alla Russia. La caduta del muro di Berlino e il disfacimento dell’impero russo ha creato potenziali conflitti in Paesi alla riconquista della loro identità e l’Ucraina, tra questi, ha dovuto cominciare a fare i conti con le sue etnie diverse tra parte occidentale, cattolica e di lingua ucraina e quella orientale, russa-ortodossa e di lingua russa. Probabilmente il mondo sarebbe diverso, se gli Usa rimasti soli a governare il globo avessero fatto un nuovo Piano Marshall per salvare e riunire il sistema sovietico. Questo pensiero non fa parte della cultura degli Stati Uniti ma certamente dell’Europa che troppo spesso, però, rimane silente.

L’espansione della Nato dopo il conflitto nella ex-Jugoslavia, altro esempio di fallimento della politica finito in guerra, ha creato ai confini della Russia la percezione di un possibile rischio nella confinante Ucraina per colpa anche dell’atteggiamento aggressivo degli Usa. È utile ricordare la preveggenza di Henry Kissinger che, nel 2014, in un articolo pubblicato sul Washington Post, scriveva: “Troppo spesso la questione ucraina viene presentata come una resa dei conti tra due contendenti, l’Est e l’Ovest. Se l’Ucraina vuole sopravvivere e prosperare, non deve essere l’avamposto della due parti ma il ponte neutrale fra di esse. Per la Russia, l’Ucraina non potrà mai essere considerata come Paese straniero, data la sua storia”.

Kissinger rimarcava le differenze al suo interno, come visto, tra l’Ovest e la parte Est. E concludeva: “L’obiettivo di un accordo non è la soddisfazione assoluta ma l’insoddisfazione equilibrata in mancanza della quale la deriva verso il conflitto accelererà e di questo passo accadrà abbastanza presto” (si veda Dario Gedolaro su Viavai-blog). Aveva ragione ma nessuno lo ha ascoltato e ora siamo di fronte al dramma infinito di una guerra oggi incomprensibile e sciagurata.

Infine, questo drammatico scontro mostra due forme di guerra: quella sul campo e quella sui mercati finanziari. In tutte due i casi i risultati sono violenti. L’esclusione della Russia dal sistema dello Swift, dollaro-centrico, la danneggerà come in parte anche gli altri Paesi ma favorirà la creazione di un sistema alternativo a cui sia la Russia, sia la Cina, l’India e altri Paesi stanno pensando. Dal 2014 la Russia ha lanciato un sistema di pagamento, Sffs, alternativo allo Swift e la Cina nel 2015 a sua volta ha creato il Cips (Cross border interbank payment system) a cui aderiscono 1280 istituzioni finanziarie in 103 Paesi e regioni collegate e, come la Russia, ha ridotto l’interscambio con il dollaro dal 90 per cento del 2015 al 49 per cento del 2020.

Siamo alla fine di un lungo periodo di debito coperto dalla stampa di carta moneta specie in dollari e la possibilità di una de-dollarizzazione diventa uno scenario alternativo; la finanza usata come arma non convenzionale produce effetti devastanti, come noi abbiamo sperimentato e come tale va regolata. La finanza totalmente deregolamentata diventa un’arma in mano a pochi, ha distrutto il senso della vita comune e quello di società come alleanza, è stato lo strumento di guerra del neoliberismo fallito nei fatti ma duro a morire e anche questo problema deve trovare nella politica una composizione, per evitare che ci riporti di fronte al caos. La sfida è difficile, perché al momento la finanza è dominante la politica che ne è diventata ancella, ma se non vogliamo continuare con le guerre, questa sarà da osservare con molta attenzione.

(*) Professore ordinario di Economia aziendale – Università Bocconi

 

 

Aggiornato il 10 marzo 2022 alle ore 09:15