Il fattore K e la regressione dell’Italia all’età infantile

L’essere umano per sua natura preferisce la realizzazione attuale e immediata del suo interesse, piuttosto che quella futura. La percezione dei fatti presenti è più vivida e precisa della rappresentazione mentale dei fatti futuri e ciò comporta una naturale disposizione dell’uomo alla “preferenza temporale”. Al contempo l’uomo non raggiunge la condizione di adulto, se non riesce a sacrificare l’oggi per il domani. Se non mortifica, in qualche misura, la sua naturale propensione alla preferenza temporale, rimane preda dei suoi istinti e non riesce a concepire e realizzare progetti duraturi. Per pescare il pesce che gli serve per cibarsi, Robinson Crusoe deve rinunciare ad appagare il suo bisogno immediato e impiegare il tempo per costruire la sua canna da pesca, che gli darà un’utilità domani e solo domani. Il bambino non è in grado di prefigurare l’utilità del domani, ha un orizzonte temporale molto ristretto, non vuole e non può sacrificare il suo bisogno o il “capriccio” di oggi alla prospettiva del domani. Sicché, semplificando, possiamo tracciare la linea di demarcazione tra l’età adulta e quella infantile sulla base del tasso di preferenza temporale: il livello massimo della preferenza appartiene al bambino, che pretende “subito” la realizzazione del suo desiderio.

Ciò che vale per l’individuo e il consumo individuale, vale anche per la società nel suo complesso. Eugen Ritter von Böhm-Bawerk e altri economisti della scuola austriaca hanno evidenziato che l’alto tasso di preferenza temporale ostacola l’accumulazione di capitale, che deve essere inteso come sacrificio del consumo di oggi a quello di domani; e si capisce che il capitale accumulato è indispensabile per costruire i beni strumentali per soddisfare i consumi finali. Insomma, il paradigma della “preferenza temporale” è fondamentale per farci capire la dinamica economica del ciclo produzione/consumo. Parimenti, si dimostra utilissimo per spiegare la dinamica complessiva del consorzio umano e le stesse basi della civiltà. Ci fa intendere che una società con altissima preferenza temporale non può prosperare nel lungo periodo, per il semplice fatto che non mira al domani. Sotto questo profilo, gli ordinamenti sociali che esprimono un’alta preferenza temporale disvelano la loro intrinseca debolezza.

Ciò posto, il “sistema Italia” appare particolarmente debole; anzi direi che, nel novero delle democrazie occidentali, detiene il primato; e ciò, a mio avviso, si deve alla combinazione di quattro fattori, i quali parimenti affliggono gli altri Paesi dell’area occidentale, ma in misura minore e soprattutto in modo non cumulativo. Il primo e più importante fattore si può ravvisare nella fragilità dell’impianto istituzionale, cui fa seguito l’inefficienza del sistema di Governo. Nella vigenza della “Costituzione più bella del mondo”, si sono insediati in Italia decine e decine di governi, variamente denominati: balneari, tecnici, di transizione, di programma, di scopo. Un numero esorbitante, diciamo uno all’anno, mediamente. È fin troppo evidente che, nel breve intervallo della “balneazione”, il Governo non può pensare in grande e si acquieta di pensare all’oggi. E non a caso il suo programma politico viene chiamato “agenda” (sarebbe meglio dire “agendina”), dal momento che consiste in semplici annotazioni valide per un giorno e dunque destinate a mutare il giorno dopo.

Il secondo fattore si può individuare nella debolezza del sentimento nazionale degli italiani. A misura che la parola “Patria” perde il suo appeal, perde anche valore la prospettiva temporale della nazione insediata sul suolo patrio. I governi cambiano, ma la nazione rimane, sicché il riferimento nazionale è un grande antidoto all’eccesso di preferenza temporale, che riduce la vita associata alla sopravvivenza giornaliera. Ebbene, in Italia non è un mistero che parlare di “interesse nazionale” equivale a una blasfemia.

Il terzo fattore mi pare risiedere nell’oblio delle nostre radici cristiane e nella nuova professione di fede “laica”, “ecologica”, relativistica, “inclusivistica” e “multiculturale”. La nuova divinità è lo Stato che a tutto provvede; che sottrae agli uni per dare agli altri, incentiva e disincentiva, si cura della salute fisica e mentale dei suoi “sudditi”, indica loro il “bello” e il “giusto”, si occupa anche delle minuzie della loro vita e perfino del numero dei commensali nelle case private, al fine supremo – ça va sans dire – di tutelare la loro salute. La nova religione “salutistica” ci rende proni innanzi alla maestà dello Stato-Provvidenza; e poiché l’astrazione “Stato” si rende concreta e visibile attraverso l’apparato amministrativo, in ultima analisi, ci rende proni innanzi alla famigerata “agendina” di Governo. Siffatta “agendina” diventa il nuovo Vangelo; peccato che il Vangelo ci parla dell’eternità, mentre l’agendina ci parla degli obblighi e dei vincoli giornalieri in una dimensione temporale ristrettissima e asfittica. Sono finiti i tempi in cui si iniziava a costruire la basilica di San Pietro senza sapere quando avrebbero avuto termine i lavori.

Il quarto fattore è dato dalla minima propensione al rischio e all’investimento. In Italia non manca il risparmio accumulato, presupposto necessario degli investimenti, ma ovviamente il risparmio assorbito dal debito pubblico non può finanziarie gli investimenti produttivi. Se a ciò si aggiungono la demonizzazione del profitto, la stratosferica tassazione dell’attività imprenditoriale, la selva burocratica che ostacola le iniziative imprenditoriali, il “capitalismo di relazione” che salvaguarda le vecchie “relazioni” e impedisce le nuove, si arriva inevitabilmente alla conclusione che la scelta più semplice consiste nell’italico “tirare a campare”; e s’intende che “si campa” giorno per giorno, senza grandi slanci e senza assumere alcun rischio.

A ben vedere, ognuna delle quattro debolezze si può ricondurre, in buona misura, al fattore K: l’egemonia comunista nella sinistra italiana mai venuta meno, ancorché nel tempo sia mutata l’insegna della “Ditta” ma non la “Ditta”, ha impedito che la stabilità dei governi fosse garantita dall’elezione diretta del presidente del Consiglio (presidenzialismo) o del Presidente della Repubblica (semipresidenzialismo); ha mortificato il sentimento nazionale degli italiani, in nome dell’internazionalismo proletario, un tempo, o del globalismo “politicamente corretto”, oggi; ha cancellato le radici cristiane della nostra civiltà e privato gli italiani dell’orgoglio di appartenenza a un’area culturale ben precisa, in nome di un “multiculturalismo” senza radici storiche; ha ingessato la creatività italiana, colpevolizzando l’iniziativa e svilendo l’intraprendenza a basso istinto di “lucro”, secondo i ben noti dettami della dottrina marxista.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti, tranne quelli foderati di prosciutto dei ciarlieri “tuttologi” che imperversano nel piccolo schermo, sempre intenti a commentare la famosa “agendina”. I “diversamente vedenti” non guardano al di là del loro naso e perciò non vedono che la combinazione dei quattro fattori ha sottratto slancio vitale alla nostra società, ha ridotto la vita degli italiani a mera sopravvivenza quotidiana, esposta a tutti i venti dell’emozione momentanea, incline a divenire “emergenza”. I padri non si sono preoccupati dei figli, cosicché le pensioni di oggi compromettono quelle di domani; la spesa pubblica di oggi è coperta da un immane debito, che graverà sulle future generazioni; “tirando a campare” non ci siamo occupati del nostro fabbisogno energetico, anche perché l’onda emotiva della tragedia di Chernobyl ha impedito agli emozionabili italiani di guardare lontano; e potremmo continuare all’infinito. Per spiegare tutto questo, in termini meramente economici, si potrebbe ricorrere all’immagine della cicala e della formica; ma la cicala pubblica e la formica privata, a loro volta, non si possono spiegare, se non pensando alla rilevante incidenza della cultura comunista e post-comunista sul cumulo delle cause, che hanno condotto il nostro Paese a regredire all’età dell’infanzia.

Aggiornato il 04 aprile 2022 alle ore 09:59