Hasta siempre Elly!

Elly Schlein ha appena avanzato la propria candidatura alla segreteria del Partito democratico, ma ha già vinto.

Certo la posa e l’eloquio da assemblea studentesca anni Novanta strappano un sorriso, la location trendy “de sinistra” e la modalità “town hall meeting” sulle note di “Bella ciao” più che Barack Obama fanno venire in mente Diego Bianchi in arte Zoro, ma sarebbe profondamente miope non riconoscere che la parlamentare dalle molte cittadinanze (italiana, svizzera, statunitense) e dalle poche tessere (non risulta iscritta al partito che si propone di guidare) abbia imposto la propria egemonia culturale, con una forza tale da far impallidire il mitologico Quaderno XXV di gramsciana memoria.

Il tema unico della ventura campagna congressuale del Pd sarà il tasso di maggiore o minore corrucciata avversione al “liberismo” (sul punto occorre osservare come il suffisso “neo” abbia lasciato il campo al più iniziatico “ordo”, ma si sa anche le assemblee da liceo occupato talvolta si piegano alle mode, non solo lessicali).

A dire il vero più che il liberismo a essere in uggia dalle parti di Elly pare il capitalismo tout court, ma comprendiamo che a dirlo chiaramente si rischi di indisporre qualcuno e, allora, dagli di italicissima ipocrisia.

A essere impertinenti, alla cosmopolita candidata verrebbe da chiedere dove lo ha visto tutto questo liberismo nel Paese che vanta:

1) il quarto debito pubblico al mondo.

2) Più della metà del Prodotto interno lordo formato da spesa pubblica.

3) il Total tax rate oltre il 60 per cento (media Ue 40 per cento).

4) Più di 1/3 di capitalizzazione della Borsa nelle mani dello Stato.

5) La 57’ posizione nell’Economic Freedom Index.

Domande fondate su dati di fatto incontrovertibili, ma che comprendo avrebbero guastato la scenografia da film di Luca Guadagnino (Dagospia, cit.).

Hasta siempre Elly!

Aggiornato il 07 dicembre 2022 alle ore 09:27