Autostrade: lo Stato è il peggior azionista

Quest’anno l’aumento dei pedaggi autostradali è arrivato più in sordina che in passato. A partire dal primo gennaio è già scattato un incremento del 2 per cento, a cui seguirà un ulteriore scatto dell’1,34 per cento dal primo luglio. La revisione riguarda, in particolare, le tratte di competenza di Autostrade per l’Italia, corrispondenti a circa la metà dell’intera rete autostradale italiana. Perché non si assiste alle consuete proteste, ora che Aspi è passata in mani pubbliche?

Gli aumenti derivano dall’applicazione delle regole esistenti, e più volte contestate, le quali – secondo i critici – garantiscono al concessionario una remunerazione eccessiva. Oltre alla troppa generosità con le revisioni dei pedaggi, il peccato originale starebbe nelle modalità di privatizzazione che furono congegnate in modo tale da massimizzare il gettito per lo Stato. Per molti anni si è imputato agli azionisti privati di aver catturato il regolatore, ottenendo condizioni di ingiustificato vantaggio. A dire il vero, il settore è stato interessato da svariati interventi di riassetto nel corso del tempo, che hanno gradualmente portato verso un modello tariffario (a tendere) coerente con le sue caratteristiche.

Tuttavia, nella sua tormentata evoluzione c’è stata nell’ultimo anno una netta cesura. A partire dal crollo del Ponte Morandi, i governi che si sono succeduti hanno fatto un enorme pressing, affinché Aspi tornasse in mani pubbliche. E così è stato. Si disse all’epoca: in questo modo si potrà finalmente mettere mano alla governance del settore. Purtroppo, siamo stati facili profeti quando abbiamo avvertito che il subentro della cordata guidata da Cassa depositi e prestiti non solo non avrebbe facilitato una riforma, ma l’avrebbe anzi definitivamente archiviata.

L’unico frutto positivo del caos che si è scatenato dopo la tragedia di Genova sarebbe stato il tentativo di dare un assetto stabile al settore, preservando il principale beneficio della privatizzazione, cioè la dialettica tra regolatore e regolato. In tutti questi anni quello che è mancato è stato un regolatore sufficientemente forte. Ora che Aspi è pubblica, tale contrasto di interessi si è completamente atrofizzato; e la stessa sorte riguarda le altre concessionarie, molte delle quali già controllate da enti pubblici, mentre altre sono nazionalizzate silenziosamente (è questo il destino toccato in sorte al gruppo Toto, con la revoca della concessione dell’Autostrada dei Parchi).

Se qualcuno si aspettava che ne sarebbero sortite condizioni favorevoli a una riforma, ha ottenuto la risposta. Rincari come prima, più di prima.

Aggiornato il 08 febbraio 2023 alle ore 09:27