Chi intercetterà quelli che fanno le intercettazioni?

I padri latini si chiedevano chi avrebbe “custodito i custodi”. Noi oggi – e poi dite che non aveva avuto ragione a suo tempo il ministro Carlo Nordio che voleva porre un limite al fenomeno – dovremmo chiederci, mutatis mutandis, chi intercetterà coloro che svolgono il compito di ascoltare le vite degli altri, cioè gli addetti nelle varie procure d’Italia all’ascolto delle intercettazioni telefoniche.

Da giorni il quotidiano Il Messaggero mette in prima pagina la paradossale vicenda di una giovane e molto avvenente avvocatessa che, insieme al fidanzato figlio di un ex esponente secondario della cosiddetta Banda della Magliana, aveva creato una sorta di mercato dei brogliacci e dei nastri di intercettazioni telefoniche e ambientali, nonché dei cosiddetti “servizi di ocp” – osservazione, controllo e pedinamento – che riguardavano la criminalità romana. Più disorganizzata che organizzata, a dire il vero.

Sono sotto inchiesta sei degli addetti ai centri di ascolto e alla trascrizione della stessa procura romana. E lo scandalo rischia di allargarsi ad altri avvocati e ad altri addetti, nonché ad altri possibili mercimoni. Per non parlare di quello che potrebbe accadere, ed essere già accaduto, negli anni passati e in quelli presenti, non solo a Roma ma anche in altri distretti della Corte d’appello. Con buona pace dei fresconi dell’“intercettateci tutti” e soprattutto dell’“intercettate tutto”, questo fenomeno potrebbe considerarsi un effetto collaterale proprio di questa superfetazione dell’ascolto delle vite degli altri, anche per reati non strettamente connessi ai grandi fenomeni criminali. Inoltre, gli addetti a questo noiosissimo lavoro sono pagati poco e male: pertanto la tentazione è chiaramente dietro l’angolo. Anche per misere mance (alcune centinaia di euro).

Tanto se si decide di intercettare – per reati come il piccolo spaccio del pusher di quartiere, gli incidenti stradali, i maltrattamenti domestici e i cosiddetti reati spia – presunti rivelatori della penetrazione mafiosa in questa o in quella città, si finisce per creare una giungla talmente fitta di intercettazioni che può generare in chi intercetta, o meglio in chi materialmente esegue quello che un qualche pm ordina, l’illusione dell’onnipotenza.

Come nel film “Le vite degli altri”, dove nell’addetto all’ascolto della vita di un’attrice, di cui era segretamente innamorato, si genera l’illusione di poterne carpire le grazie semplicemente mettendola sull’allerta, così per soldi o “altre utilità” la situazione caotica e paradossale – più volte deprecata dal ministro Carlo Nordio – può creare in qualche infedele dipendente dell’Amministrazione giudiziaria la tentazione di approfittarne e pure l’illusione di farla franca.

Ça va sans dire che l’arcano è stato scoperto intercettando chi intercettava. Creando una vicenda da film del “Monnezza”, alias Tomas Milian, tipo Squadra anti-ascolto. Se l’Italia fosse un Paese serio, dove la politica – specie quando si sta all’opposizione – si dovrebbe occupare pragmaticamente di cose serie e ragionevoli, qualcuno adesso dovrebbe chiedere scusa in ginocchio proprio al ministro Carlo Nordio. Altro che “intercettateci tutti”.

Aggiornato il 24 febbraio 2023 alle ore 09:58