Israele, Occidente, Noi

L’attacco di Hamas non è stato rivolto contro lo Stato di Israele, bensì contro l’Occidente, perché Israele è, in primo luogo, una propaggine culturale del nostro mondo. Sì, del nostro. Mio e tuo, al di là di quali possano essere le tue idee politiche. Per Hamas siamo, a prescindere, suoi nemici.

La situazione è sulla stessa falsa riga di quanto sta avvenendo in Ucraina. Come ha sottolineato correttamente Sergio Mattarella, noi abbiamo il diritto ed il dovere di sostenere Kiev, poiché abdicare a tale compito vuol dire soccombere alla tirannia; vuol dire innescare un dispositivo di autodistruzione capace di disintegrare tutto quel che di buono è stato realizzato in questa fetta di mondo nel corso della Storia: dai diritti civili allo Stato di diritto, dalle libertà del singolo alla piena consapevolezza della dignità dell’uomo come elemento unico ed irripetibile alla base del tutto. In questa ottica l’approccio alla vicenda mediorientale deve essere analogo.

Insomma, Kiev e Gerusalemme sono pari. Di più. Paul Valéry amava ripetere come l’essenza spirituale e culturale dell’Occidente si sostanzia nel vissuto di tre città: Roma, Atene e Gerusalemme. Roma ha creato il cittadino, Atene ha scoperto l’individuo, mentre Gerusalemme ha rivelato la persona. Qualche decennio dopo l’intellettuale francese, fu il leader dei Radicali, Marco Pannella, a scodellare una provocazione azzardata sebbene supportata da un substrato di logica inoppugnabile: includere anche la Stella di David tra le bandiere che compongono l’Unione europea. Una proposta che venne naturalmente fatta cadere nel vuoto, data la complessità procedurale, finanche ontologica, che un tale orientamento avrebbe comportato per un’istituzione internazionale, a dispetto degli anni, ancora troppo acerba in un’ottica identitaria: basti pensare al ripudio, nella bozza della Convenzione, al richiamo delle radici giudaico-cristiane.

Chi ha attaccato Israele, stavolta, non è una realtà statuale, bensì un soggetto terroristico che vuole arrogare a sé una dimensione istituzionale non regolata da un apparato normativo ritagliato sartorialmente sulla dignità della persona, ma alimentato da un odio viscerale contro quel corollario di concetti rappresentato da una manciata di vocaboli, quali: Indipendenza, Emancipazione, Libero arbitrio, Laicità, Futuro, Sogno, Bellezza. Al di là del ginepraio assai complesso qual è l’attuale scenario geopolitico mediorientale, dove vi è sempre un filo razionale − seppure apparentemente carsico − che pone in connessione le dinamiche dei singoli Stati (ricordiamo, a mo’ di esempio, che Hezbollah in Libano si presenta come la componente politicamente più raffinata di quell’arcipelago terrorista di cui fa parte la stessa Hamas), il collegamento storico più lampante, che viene suggerito da quanto accaduto poche ore fa in Israele, è quello relativo all’11 settembre. D’accordo, l’immaginario collettivo, relativo ai fatti di New York, assume tuttora un’altra enfasi come, d’altronde, gli artefici di quella apocalisse non rispondevano al nome di Hamas bensì di Al Qaeda. In più, a differenza del suolo israeliano, nessuno avrebbe mai pensato che si potesse portare un attacco militare nel cuore degli Stati Uniti dopo l’episodio bellico di Pearl Harbour.

Ciononostante, le similitudini tra le due vicende storiche sono plasticamente visibili: l’oscurantismo islamista e la sua rivalsa contro tutto ciò che l’illuminismo, amalgamato con la cultura giudaico-cristiana, è riuscito a far fiorire lungo lo scorrere dei secoli. A differenza di 20 anni fa purtroppo siamo orfani di una grande figura intellettuale che rispondeva al nome di Oriana Fallaci. Bistrattata dai suoi critici, privi di una pur minima cognizione della profondità dei suoi scritti, ella riuscì a scuotere le coscienze a partire da un articolo apparso sul Corriere della Sera che poi, successivamente, divenne un libro e poi un altro e un altro ancora. E, con un po’ di onestà intellettuale, si dovrebbe convenire che anche oggi, 9 ottobre 2023, ciascuno di noi dovrebbe sentire la rabbia per la ferita inflitta e l’orgoglio per quello che rappresentiamo nel nostro “modus operandi” e vieppiù nella nostra “forma mentis”. Solo così potremo riscattare la Ragione umana e la Forza motrice che da sempre la contraddistingue.

Aggiornato il 09 ottobre 2023 alle ore 15:35