Page 3 - Opinione del 09-11-2012

di
ROSAMARIA GUNNELLA
itorna a casa dopo il via libera
di Pier Luigi Bersani e Pierfer-
dinando Casini alla composizione
della sua nuova giunta di governo.
Rosario Crocetta, neo governatore
della Sicilia (domani probabilmente
la proclamazione ufficiale), in “mis-
sione” nella Capitale per esporre ai
due leader della coalizione che lo
ha sostenuto i criteri di scelta degli
assessori della sua squadra, ha in-
cassato il benestare romano.
Il neo presidente ha esultato:
«
Ho avuto carta bianca». Un atteg-
giamento inconsueto per chi ha
sbandierato la sua completa auto-
nomia e poi corre a Roma per ave-
re l’imprimatur. «Saremo l’unico
governo in Italia formato al 50%
da donne - ha affermato Crocetta
-
Bersani e Casini hanno condiviso
le mie scelte. Si parla tanto di go-
verni tecnici - ha continuato il neo
governatore - ma io vi dico perché
non un governo di intellettuali? Io
li vorrei valorizzare, quando hanno
capacità di analisi e di parlare con
la gente». Già, perché l’idea di una
giunta «autonoma, di alto profilo
e aperta alla società civile» indicata
da Crocetta dovrà essere composta
per metà da donne.
E una prima scelta in questa di-
rezione il neo presidente l’ha già
fatta, designando Lucia Borsellino,
figlia del magistrato ucciso dalla
R
mafia, alla guida dell’Assessorato
alla Sanità di cui è dirigente da
molti anni. Una scelta condivisa in
pieno dai due leader di Pd e Udc
che hanno accolto positivamente
anche la nomina di Franco Battiato
come responsabile dell’Assessorato
al Turismo e Spettacolo. Crocetta,
quindi, chiede autonomia nella
composizione della giunta e sembra,
almeno per quanto riguarda i col-
loqui avuti a Roma, che la sua vo-
lontà di avere mani libere sulla
composizione del nuovo esecutivo
abbia incontrato pareri favorevoli.
Ma in questa giunta di tecnici o
meglio, di intellettuali di alto profilo
come ama definirli il neo governa-
tore, le cui competenze non sono
discutibili, che posto occuperanno
le forze politiche? «Io non andrò
contro i partiti - ha sottolineato
Crocetta - ascolterò le loro propo-
ste. L’importante è stabilire i criteri
uguali per tutti e poi si deciderà».
La “rivoluzione” crocettiana, infatti,
dovrà fare i conti con i partiti che
non si sa fino a che punto accette-
ranno l’idea “autonoma” del neo
governatore.
Nella sua giunta di “alto profi-
lo” potrebbe entrare a far parte Ni-
colò Marino, magistrato della Dda
di Caltanissetta e componente del
pool che si occupa delle stragi di
mafia. Un’ipotesi che Marino non
scarta a priori ma su cui deve an-
cora pensare perché, sottolinea il
magistrato, «faccio un lavoro par-
ticolare e devo valutare bene quello
che farò». Nel valzer dei nomi dei
papabili assessori, che in queste ore
si susseguono incessantemente, en-
trano anche tre donne. Concetta
Raia (Pd) la più votata del gentil
sesso alle regionali, Linda Vanchieri,
funzionaria della Confindustria di
Caltanissetta e Mariella Maggio,
ex segretario della Cgil siciliana. In
attesa della conferenza stampa di
oggi convocata da Crocetta per co-
municare i nomi di altri probabili
assessori, chissà quali altre “sorpre-
se” il neo governatore uscirà dal
suo cilindro.
II
POLITICA
II
Via liberadi Bersani eCasini
alla giunta sicilianadi Crocetta
Il FattoeSchifani
duepesi,duemisure
K
Franco BATTIATO
«
Non lasceremo che Obama aumenti la spesa»
ueste ultime elezioni statuni-
tensi erano una scelta di
campo, fra un sistema più sociali-
sta, voluto da Barack Obama ed
uno più liberista, proposto (forse
con troppo poca convinzione e
sincerità) da Mitt Romney. È dun-
que naturale attendersi, dopo la
sconfitta, che i Repubblicani si di-
vidano in due fazioni recriminanti:
i centristi accuseranno i conserva-
tori di essere stati troppo liberisti,
troppo “estremisti”, e dunque di
aver spaventato l’elettore medio.
I conservatori e i libertari, al con-
trario, accuseranno i centristi e gli
uomini di establishment di essere
stati troppo morbidi, poco convin-
centi e di aver sostenuto sin dal-
l’inizio un candidato debole, quale
Mitt Romney.
Per fare un po’ di chiarezza in
mezzo a tutta questa confusione,
abbiamo intervistato il fondatore
e leader dell’
Americans for Tax Re-
form
,
Grover Norquist. La sua Atr,
la lobby anti-tasse, è attualmente
considerata la più potente d’Ame-
rica. Sua è l’idea di far giurare ai
politici di non aumentare la pres-
sione fiscale durante il loro man-
dato, in cambio del sostegno e dei
voti dell’Atr. Chi non rispetta la
promessa, paga pegno, anche se si
chiama George W. H. Bush: non
appena ha alzato le tasse, non ri-
spettando il “pledge” con l’Atr, è
stato bocciato dall’elettorato nelle
presidenziali del 1992.
Grover Norquist, in questo voto
del 2012 Romney ha perso perché
è stato troppo o troppo poco coe-
Q
rente nel proporre un programma
liberista?
Prima di tutto, non dobbiamo
dimenticare che queste stesse ele-
zioni, perse da Romney per due
punti percentuali contro il presi-
dente (e l’amministrazione in carica
gode comunque di molti vantaggi),
sono state vinte dai Repubblicani
alla Camera. I candidati deputati
avevano impostato la loro campa-
gna soprattutto contro i benefit sta-
tali, i costi del welfare e quelli del
sistema pensionistico. La maggio-
ranza degli americani ha votato per
quelle riforme. Se gli elettori aves-
sero voluto premiare la politica fi-
scale democratica, avessero voluto
più tasse e più spese, a quest’ora i
Democratici sarebbero maggioran-
za alla Camera. Eppure non lo so-
no. è chiaro che la vittoria di Oba-
ma è dovuta anche alla sua accusa,
rivolta a Romney, di voler alzare
le tasse per la classe media. E alla
sua promessa di non voler aumen-
tare la pressione fiscale sugli ame-
ricani di medio reddito. E all’altra
sua promessa di voler tagliare la
spesa pubblica. In realtà noi sap-
piamo che Obama vuole alzare le
tasse: ne ha già annunciato una
nuova sull’energia, la carbon tax.
Dichiara di voler contrastare il ri-
scaldamento globale e puntualmen-
te questo si è tradotto in altri dol-
lari pronti ad uscire dalle tasche
dei contribuenti. E siamo anche si-
curi che non taglierà la spesa pub-
blica. Insomma, è difficile dire che
gli americani siano diventati socia-
listi, quando il candidato che vince
deve negare di esserlo e accusa l’av-
versario di voler alzare le tasse.
Quanto è forte la crisi interna al
Partito Repubblicano? Ci sarà
una frattura fra conservatori e li-
bertari?
Non c’è una vera e propria di-
stinzione fra conservatori e liber-
tari, semmai fra chi ha capito che
per ottenere un cambiamento oc-
corre molto tempo e chi invece è
convinto che basti strillare e agi-
tarsi per cambiare tutto subito. Per
riformare lo stato sociale occorre
tempo e tanta pazienza, bisogna
passare attraverso molte elezioni,
alcune vinte altre inevitabilmente
perse. Un piano come quello di
Paul Ryan prevede un taglio della
spesa pubblica dal 24% al 16% in
più di quattro anni di legislatura,
perché per riformare tutte le pre-
bende statali occorrono anni e an-
ni. Strillare la volontà di un cam-
biamento domani non porta a
nulla. Mirare alla vera riforma del
welfare implica anche un decennio
di battaglie. Se avesse vinto Rom-
ney avremmo iniziato ad applicare
il piano di Ryan. Adesso tocca at-
tendere altri quattro anni per ten-
tare con un nuovo candidato, dai
due ai quattro anni per avere un
nuovo Congresso più favorevole.
Adesso, in ogni caso, abbiamo un
Presidente democratico e un Con-
gresso misto. Cosa succederà, se-
condo lei?
Quel che abbiamo oggi è uno
scenario molto simile agli ultimi
due anni: presidente e maggioranza
del Senato democratici, Camera re-
pubblicana. In queste condizioni
abbiamo combattuto per mantene-
re il prolungamento delle esenzioni
fiscali (volute da George W. Bush,
ndr) e l’abbiamo ottenuto. Abbia-
mo combattuto contro l’aumento
della spesa pubblica e abbiamo ot-
tenuto molto anche su quel fronte.
Il Congresso è decisamente più
potente del Presidente. Non nella
politica estera, ma almeno in
quella interna ed economica. Con
un Congresso così configurato si
può ancora combattere per otte-
nere molto. Sempre che i Repub-
blicani capiscano la forza di cui
dispongono. Se Obama vorrà
spendere altri dollari, dovrà pri-
ma ottenere il consenso della Ca-
mera. Inoltre il Gop ha ancora il
controllo di gran parte dei singoli
stati. E da quella posizione può
riformare le leggi locali.
E cosa prevede per i prossimi quat-
tro anni?
Ancora molti scontri muro-con-
tro-muro, uno stallo prolungato,
specialmente sulle esenzioni fiscali,
che dovrebbero essere prolungate
per altri due anni. La stessa agenda
di Obama dovrà essere ridotta. Per-
ché se vuoi far passare grandi ri-
forme devi comunque avere un
Congresso dello stesso colore del-
l’amministrazione.
STEFANO MAGNI
notizia dell’altro giorno: i pm
di Palermo - con il “visto’”del
procuratore Francesco Messineo
-
hanno chiesto l’archiviazione (si
attende ora che si esprima il Gu-
dice per le indagini preliminari)
dell’inchiesta per concorso ester-
no in associazione mafiosa nei
confronti del Presidente del Se-
nato, Renato Schifani.
Le accuse contro la seconda
carica dello stato erano incentrate
principalmente sulle dichiarazioni
di alcuni pentiti, soprattutto quel
Gaspare Spatuzza, braccio destro
dei boss di Brancaccio Giuseppe
e Filippo Graviano. I fatti riferiti
dai collaboratori di giustizia sa-
rebbero accaduti quando Schifani
svolgeva la professione di avvo-
cato amministrativista. Secondo
la Procura palermitana dall’in-
chiesta non sarebbero però emer-
si elementi sufficienti per soste-
nere l’accusa in giudizio.
Fin qui i fatti ma non il
Fatto
,
perché il quotidiano diretto da
Padellaro è stato promotore di
una vera e propria campagna di
stampa (per la quale il Presidente
del Senato ha presentato una que-
rela con richiesta di un risarci-
mento danni di 750mila euro)
contro Schifani ed i suoi presunti
contatti con esponenti mafiosi,
con tanto di prime pagine ed edi-
toriali dedicati al tema.
L’altro giorno, invece, il
Fatto
È
Quotidiano
-
non smentendo an-
che questa volta la propria nefa-
sta fama di testata giustizialista
a senso unico - ha dedicato alla
notizia della richiesta di archivia-
zione un piccolo box (8x8,50 cm)
sapientemente nascosto nei fon-
dali della quattordicesima pagi-
na.
È pur vero che la richiesta di
archiviazione non significa neces-
sariamente che il Presidente Schi-
fani sia definitivamente fuori
dall’inchiesta: come detto, biso-
gna attendere la decisione del
Gip, il quale dovrà accettare o
meno l’istanza. Ma è altrettanto
vero che, dopo aver riempito pa-
gine, colonne e d editoriali con
parole di fuoco contro Schifani,
la richiesta di archiviazione per
quest’ultimo avrebbe forse meri-
tato qualche riga in più.
Evidentemente Padellaro, Tra-
vaglio e compagnia ammanettan-
te – oltre a non riconoscere, come
spesso accade loro, una sorta di
equità di trattamento delle per-
sone di fronte alle accuse ed al
momento della caduta delle stesse
-
erano troppo impegnati nella
campagna elettorale di Beppe
Grillo e nelle arringhe difensive
per Tonino Di Pietro e non hanno
ritenuto di dover riempire altro
spazio se non quei sessantotto
centimetri quadrati.
GIANLUCA PERRICONE
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 9 NOVEMBRE 2012
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