Se la Corea del Nord  parlasse seriamente

E se il regime della Corea del Nord stesse parlando sul serio? A furia di gridare “al lupo” si tende a non credere più alla veridicità della minaccia. Anche le continue dichiarazioni incendiarie nordcoreane, accompagnate da drammatiche provocazioni militari, inducono ad un senso di incredulità. Ma è bene ricordare che cosa abbia fatto il regime di Pyongyang in questi mesi di tensione. Il 12 dicembre 2012, sorprendendo la comunità internazionale e tutte le agenzie stampa, la Corea del Nord ha lanciato con successo il suo primo missile a lungo raggio, mandando in orbita un piccolo satellite. La tecnologia utilizzata è la stessa che può essere impiegata per un missile balistico intercontinentale. La risposta dell’Onu è consistita nella Risoluzione 2087, che ha condannato il lancio e confermato le sanzioni contro l’importazione nordcoreana di tecnologia aerospaziale (e relativi finanziamenti).

Confermando numerose minacce e annunci, divenuti ancora più insistenti dopo l’approvazione della Risoluzione 2087, il regime di Pyongyang ha effettuato il suo terzo test nucleare in sette anni, il 12 febbraio scorso. Il test, stando agli analisti sudcoreani e statunitensi, è andato a buon fine. La Corea del Nord ha fatto detonare in un sito sotterraneo un piccolo ordigno da 6 kilotoni (la metà della potenza di Little Boy, la bomba di Hiroshima). Pyongyang ha dichiarato il successo dell’operazione, mirante a creare testate nucleari tattiche “da campo”. L’esperimento è stato preceduto da una forte campagna propagandistica, fra cui un video (postato sul canale ufficiale di YouTube) in cui è rappresentato anche il bombardamento di una città americana, sulle note di una grottesca cover di “We are the World” eseguita con pianola elettrica. Solo cattivo gusto o è una minaccia? La reazione dell’Onu (al test, non al video) è consistita nella Risoluzione 2094, votata anche dalla Cina, unico alleato della Corea del Nord, che intensifica ulteriormente le sanzioni economiche.

Corea del Sud e Stati Uniti, dalla metà di marzo, hanno iniziato a condurre manovre militari, per aumentare la pressione su Pyongyang. Da qui è iniziata la sequenza impressionante di minacce nordcoreane. L’8 marzo, il giorno dopo l’approvazione della 2094, è stata tagliata la linea rossa che collega la capitale del Nord con quella del Sud. Era stata installata nel 1971 e serviva a evitare fraintendimenti e incidenti militari fra le due parti. Contemporaneamente, tutti i valichi di frontiera sono stati chiusi. Il 13 marzo, il regime di Pyongyang ha denunciato l’armistizio con la Corea del Sud (firmato nel 1953) e si è dichiarato “non vincolato” da alcun patto di non aggressione. Tecnicamente parlando, i due Paesi sono già in guerra. Il 25 marzo, dopo un’esercitazione di sbarco, il leader nordcoreano, Kim Jong-un, ha assistito personalmente (teoricamente, ha “guidato”) una grande esercitazione anti- sbarco, con largo uso di artiglieria, lanciarazzi e piccole unità della marina. Con un lungo articolo comparso sull’agenzia ufficiale Kcna, è stato ribadito il concetto che le armi nucleari fungono da deterrente contro un’eventuale aggressione statunitense e delle “forze del regime fantoccio” della Corea del Sud: «Le armi nucleari della Repubblica Democratica Popolare della Corea sono una legittima e preziosa arma atta a difendere la sovranità e la sicurezza del Paese. Derivano dalla lezione che traiamo dalla storia del nostro confronto militare con gli Stati Uniti.

È una costante della politica degli Usa la volontà di conquistare la penisola (coreana, ndr), un’importante area strategica che dà un vantaggio militare e geografico nella regione dell’Asia orientale, per realizzare la propria ambizione al dominio del mondo. Per questo motivo, gli Usa hanno sempre guardato alla Repubblica Democratica Popolare della Corea, un bastione della pace contro l’imperialismo e in difesa del socialismo, come una spina nel fianco per quasi sette decenni, da quando gli Usa hanno illegalmente occupato il Sud della penisola coreana nel settembre del 1945». Quindi, le armi atomiche servono … «quale strumenti per una giusta guerra, combattuta per porre fine alla persistente politica ostile degli Stati Uniti contro la Repubblica Democratica Popolare della Corea e per rimuovere, una volta per tutte, il pericolo di una guerra atomica». Le armi nucleari nordcoreane sono viste, dunque, non solo come un deterrente, ma anche come “strumento” in una guerra contro gli Usa. E nello stesso articolo si legge anche che: «La Repubblica Democratica Popolare della Corea non ha alcun intenzione di dialogare con gli Stati Uniti, che perseguono una politica di ricatto nucleare, ma intende seguire la via del Songun (la filosofia politica che assegna la priorità alla forza militare, ndr), senza alcuna esitazione». Ieri, sempre la Kcna ha aggiunto che: «Da questo momento in poi, il Comando Supremo dell’Esercito Popolare Coreano ordinerà lo stato di allerta N. 1 per tutte le unità di artiglieria, comprese tutte le unità a lunga gittata e le forze missilistiche strategiche che inquadreranno gli obiettivi nemici nelle basi di partenza dell’invasione statunitense, in territorio americano, nelle Hawaii e a Guam».

Forse le provocazioni verbali non si erano mai spinte fino a questo punto. Eppure, da parte della Corea del Sud e degli Stati Uniti la reazione è ispirata dal massimo della calma possibile. Solo all’inizio di questa settimana, è stato approvato l’invio di aiuti medici alla Corea del Nord, per combattere la piaga della tubercolosi. Seul, ieri, celebrava il terzo anniversario del drammatico affondamento della Cheonan (46 morti) ad opera di un sottomarino nordcoreano, ma le parole della presidente Park Geun-hye sono solo un invito, rivolto ai fratelli del Nord, affinché diventino «membri responsabili della comunità mondiale». La sensazione prevalente è che il regime di Pyongyang la spari grossa solo per impressionare, ricattare e dunque ottenere più aiuti. Ma se stesse parlando sul serio?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 16:57