L’eterno spettro dell’antisemitismo

Oltre al presidente Shimon Peres e a Papa Francesco, partito ieri da Israele, c’è sempre stato un invisibile terzo incomodo: l’antisemitismo. È stato lui, il redivivo fantasma d’Europa, l’ospite fisso di tutti i loro discorsi congiunti, dall’arrivo all’aeroporto Ben Gurion fino al discorso nella verdeggiante residenza cittadina del presidente israeliano. La villa presidenziale pareva un’utopia realizzata, in occasione della visita del pontefice: massima tolleranza ed ecumenismo, raro avere altre occasioni in cui le lunghe barbe bianche dei sikh si mescolano ai fez e ai turbanti dei rappresentanti delle comunità musulmane, gli scuri paramenti degli ortodossi con il porpora dei vescovi cattolici, ciascuno intento a pregare nella sua lingua e secondo la sua religione. È ancor più raro vederlo a Gerusalemme, una città di cui, sui nostri media, si parla solo quando c’è un attentato. Eppure la violenza si percepisce, lontana, ma sempre presente. Questa volta non è l’Europa spaventata o indignata per quel che accade in Medio Oriente, ma è qui a Gerusalemme, cuore e simbolo di questa regione, che si guarda con crescente preoccupazione a quel che accade in Europa.

“Raccomando le vittime a Dio e prego per la guarigione dei feriti”, ha dichiarato Papa Francesco all’aeroporto Ben Gurion, appena arrivato in Israele. Perché appena il giorno prima era avvenuto l’“efferato attentato” a Bruxelles, una strage ancora anonima al museo ebraico, con quattro morti e dodici feriti. Netanyahu è sicuro di quale sia la causa: la diffusione dell’odio per Israele. Quando Papa Francesco, sempre al Ben Gurion, predica a favore di una “educazione dell’inclusione, che contrasti ogni esclusione, che combatta l’antisemitismo in ogni sua forma”, dobbiamo ricordare che dietro alla “legittima critica del governo di Israele” si cela un antisemitismo di vecchio stampo. Nella mente di un europeo su quattro e di due immigrati musulmani su tre, l’ebreo è ancora lo speculatore cinico che tradisce la patria per fare affari alle spalle del popolo. In Grecia, dove Alba Dorata è ferma al 9%, ma un movimento anti-israeliano come Syriza ha il 26% dei consensi ed è diventato il primo partito nazionale, gli ebrei sono considerati nemici dai due terzi della popolazione, come in Medio Oriente. Sulla stampa israeliana si chiedono il perché e non riescono a trovare risposte. E la Grecia non è un caso isolato, come dimostrano le statistiche della Anti Defamation League: è antisemita quasi la metà dei polacchi, più di un terzo dei francesi (dove il Front National, originariamente antisemita dichiarato, è diventato il primo partito) e un quarto degli italiani.

Attentato al museo ebraico di Bruxelles, aggressione a due ebrei fuori dalla sinagoga di Parigi: sono questi gli argomenti che hanno conquistato i primi piani delle cronache di esteri dei quotidiani israeliani, precedendo ed eclissando le elezioni europee. I risultati di queste ultime non sono affatto stati confortanti. Spaventa il risultato del Front National in Francia, che è stata la prima Breaking News sia di Haaretz che del Jerusalem Post sulle elezioni nell’Ue. Ma si tratta di un fenomeno in superficie e proprio per questo, contenuto. Marine Le Pen sa di essere una sorvegliata speciale, di avere i riflettori puntati addosso. Benché sia una fedele dei Lefebvriani, i tradizionalisti cattolici scismatici che non hanno mai rinnegato il loro anti-giudaismo, difficilmente sentiremo dire qualcosa di esplicitamente anti-semita dalla Le Pen, il cui compito principale è stato proprio quello di traghettare il nuovo, attuale, primo partito francese fuori dalle secche del populismo e del neofascismo. Sentiremo, piuttosto, tanti altri discorsi solo apparentemente terzomondisti e buonisti, ma concretamente antisemiti, a favore della tolleranza per gli immigrati mediorientali, ma contro gli ebrei, a favore dell’abbattimento del “muro” in Palestina, ma per la cancellazione dello Stato ebraico.

Gli ebrei sanno di essere di nuovo in pericolo in Europa e hanno ripreso ad emigrare verso Israele. Nonostante i pericoli di guerra e attentati che ci sono sempre, in Medio Oriente, l’alyah, il ritorno, l’emigrazione degli ebrei in Israele, è cresciuta del 73% dalla Francia, del 46% dal Belgio, del 57% dall’Olanda.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:49