Il National Council   of Resistance of Iran

Il 27 giugno scorso si è svolto a Parigi il meeting del National Council of Resistance of Iran, il movimento che raccoglie numerose organizzazioni di dissidenza al regime iraniano. Tra la partecipazione entusiastica di centinaia di associazioni e rappresentanti dei governi è intervenuto l’ambasciatore, già ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che in vari interventi si è soffermato su un’analisi dettagliata delle problematiche e sulle proposte per la concreta democratizzazione dell’Iran ribadendo “la visione di un futuro Iran senza armi nucleari, basato sullo Stato di diritto, su giustizia e pluralismo sanciti lo scorso aprile; il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che invita tutti i membri dell’Ue a dare rilevanza al tema dei diritti umani in ogni relazione intrattenuta con l’Iran. I negoziati sul programma nucleare iraniano non dovrebbero distogliere la nostra priorità dalla necessità di ripristinare la libertà e la democrazia”.

L’ambasciatore ha insistito soffermandosi sulla preoccupante condotta del presidente Rouhani: “Secondo l’ultimo rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite al Consiglio dei Diritti Umani, presentato a marzo, le promesse fatte dalla nuova leadership sono state drammaticamente disattese. Oltre 700 detenuti sono stati giustiziati successivamente alle elezioni di Rouhani. La scioccante morte di Gholamreza Khosravi Savadjani, impiccato dal regime teocratico il 1 giugno, dopo dodici anni di torture ininterrotte, è un crimine orribile… Viva è la memoria e l’esempio di coloro che hanno dato la loro vita per la libertà, di coloro che hanno sofferto in carcere, di coloro che sono stati reclusi sotto costrizione e tortura; il loro esempio rafforza la nostra determinazione a raggiungere gli ideali di libertà, umanità e pace”.

L’ex ministro degli Esteri ha posto un punto centrale sulle problematiche dell’Iran riguardo la violazione dei diritti umani fondamentali, ricordando che dal 2005 nessun esperto è stato invitato a visitare il Paese per discutere le sparizioni, esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, la libertà di religione o credo, le discriminazioni contro le donne e i membri di alcune minoranze. Terzi ha rimembrato che la libertà di religione e di credo deve essere indicata come aspetto particolarmente preoccupante, nella più ampia situazione dei diritti umani in Iran: “Severe restrizioni alla libertà di religione, attacchi contro membri di gruppi religiosi, incriminazioni politicamente motivate per reati contro Dio; sono alcuni dei tanti strumenti che il regime teocratico sempre più frequentemente usa per scoraggiare gli avversari, terrorizzare comuni cittadini, consolidando il proprio potere”.

Inoltre, preoccupanti risultano le condizioni dei rifugiati politici; i rifugiati iraniani nel campo di Ashraf e a Camp Liberty che 11 anni dopo essere stati dichiarati “persone protette” dalle Nazioni Unite e dagli Usa sono vittime di esecuzioni e massacri. Il più tragico lo scorso settembre, sette membri del Pmoi rapiti mancano ancora all’appello. Terzi ha ribadito la necessità di una presa di coscienza dell’Occidente: “Le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e l’Unione Europea sono investiti della responsabilità legale e morale: 1) Di completare il trasferimento di tutti coloro che hanno bisogno di assistenza medica, e ad accettare come rifugiati il maggior numero possibile dei residenti nei campi; 2) Di stabilire una presenza permanente delle Nazioni Unite a Camp Liberty, e attivare tutte le misure di sicurezza necessarie; 3) Di avviare un’inchiesta - da parte dell’Onu - sui massacri e i crimini commessi negli ultimi anni”.

Dal meeting sono risaltate le innumerevoli carenze del governo iracheno. Se il governo iracheno è realmente impegnato nel costruire una società inclusiva, un Iraq democratico e rispettoso dei diritti umani, delle minoranze religiose e politiche, allora deve dimostrare la propria autonomia dall’influenza iraniana e dalle direttive di Teheran, che a quanto pare sta ad oggi seguendo.

Secondo Terzi, il governo iracheno, in particolare nella figura del primo ministro, Al Maliki, “non spende molte energie ora per risolvere questioni fondamentali con i leader sunniti e curdi”. Il presidente degli Stati Uniti d’America ha dichiarato di non voler fornire appoggio militare a meno che mister Maliki non dimostri un drastico cambiamento di posizione, nell’impegnarsi a ricondurre sunniti e curdi in uno scenario di unità nazionale. Una rinnovata dimostrazione di indipendenza dall’Iran, la cui politica espansionistica e interferenza militare, sia in Siria che in Iraq, sta ormai creando i presupposti per una guerra settaria generalizzata.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:45