A Parigi la nuova   “notte dei cristalli”

Sinagoghe attaccate, negozi ebraici devastati, auto e proprietà date alle fiamme. Una vera notte dei cristalli, all’alba del 2014, è scoppiata in Francia, proprio nella sua capitale, al cuore dell’Europa occidentale. Nel sobborgo di Sarcelles, chiamato la “piccola Gerusalemme” per la sua numerosa comunità ebraica, decine di vandali, infiltrati in una manifestazione filo-palestinese, hanno iniziato a dar fuoco ai cestini della spazzatura, a distruggere auto parcheggiate e poi a lanciare razzi e bombe molotov, contro la polizia e le proprietà dei locali. Negozi di cibo kosher, ristoranti e una casa funeraria sono stati danneggiati e saccheggiati da scalmanati che insultavano Israele. “Non avevamo mai visto una violenza simile a Sarcelles – assicurava ieri il sindaco François Pupponi – questa mattina (ieri, ndr) la gente è stordita, la popolazione ebraica è intimorita”. Non si tratta del primo caso. Sabato scorso, a Parigi, un’altra manifestazione per Gaza è andata fuori controllo ed è finita in scontri con la polizia. È sempre lo stesso copione dopo l’assalto dato alla sinagoga del quartiere Marais, il distretto ebraico di Parigi, lo scorso 13 luglio. In quella occasione, gli estremisti avevano attaccato di sabato, quando la sinagoga era piena di fedeli. Nello scontro che ne era seguito, tre ebrei erano rimasti feriti.

La Francia è la nazione europea che ospita una delle più grandi comunità ebraiche e una delle più grandi comunità musulmane. Dunque sembra abbastanza logico che il conflitto mediorientale venga “esportato” anche nella repubblica d’oltralpe. Gli atti di violenza antisemita, stando a tutte le prove raccolte finora, sono tutte da ascriversi ad estremisti islamici, fieri della loro identità di immigrati di seconda e terza generazione. Tuttavia, il governo francese, non sembra riconoscere questa minaccia.

Dopo il massacro di ebrei a Tolosa, commesso da uno jihadista con cittadinanza francese e il più recente massacro (sempre di ebrei) a Bruxelles, commesso da un altro jihadista con cittadinanza francese, questi scontri nei sobborghi di Parigi dovrebbero suonare come un campanello di allarme per tutto il Paese. C’è un nemico allevato in casa che cresce, si rafforza, diventa più sicuro di sé, almeno da tutti gli anni 2000. Eppure, la politica estera francese, per lo meno, pare non essersene neppure accorta. La linea è sempre quella di condanna dell’operato di Israele, come ha dichiarato il ministro degli Esteri Laurent Fabius il 22 luglio: “Niente giustifica il massacro” di civili palestinesi. Dei razzi palestinesi lanciati contro i civili israeliani? Importa meno: la risposta è “sproporzionata”, dunque spetta a Israele il peso della colpa. Se lo stesso criterio venisse seguito anche in Francia, la polizia non dovrebbe neppure arrestare decine di “attivisti” filo-palestinesi (13 ieri e 18 domenica) “solo” perché distruggono proprietà di francesi di religione ebraica.

Si tende sempre a sottovalutarlo, o a dimenticarlo, ma il problema della Francia, è ancora più profondo rispetto alla crisi mediorientale e alle sue fiammate improvvise. E non riguarda solo le comunità musulmana ed ebraica. Infatti, in Francia l’antisemitismo, rilevato dalla Anti Defamation League, è condiviso dal 37% della popolazione. Ben più di un terzo di tutti i francesi. Non si tratta di un fenomeno solo islamico: i musulmani di Francia sono, al massimo (nelle stime più inclusive e approssimate per eccesso) il 10% della popolazione. Ecco, gli antisemiti sono quasi 4 volte più numerosi dell’intera popolazione islamica francese. Si tratta di una delle maggiori diffusioni di antisemitismo dell’Unione Europea, caso unico in tutta l’Europa occidentale, inferiore solo alla Grecia (69%, uno dei Paesi più antisemiti del mondo), alla Polonia (45%), alla Bulgaria (44%) e all’Ungheria (41%).

È un problema che troppo spesso non viene capito: in Francia, così come negli altri Paesi ad alto tasso di antisemitismo, l’oggetto dell’odio non è Israele, ma l’ebreo in sé. Israele e le sue numerose guerre sono solo un pretesto. Quel che maggiormente viene odiato, dell’ebreo, è la sua presunta infedeltà alla nazione europea di cui è cittadino, il suo presunto potere economico, finanziario e culturale, visto come causa della crisi economica di questi anni. Si respira la stessa aria della crisi di fine anni Venti, preludio del nazismo. Gli ebrei lo sentono e, nonostante il pericolo e la guerra cronica, dalla Francia fuggono in massa verso Israele. È dalla repubblica d’Oltralpe, infatti, che arriva la maggior parte dei nuovi “rientri” nello stato ebraico.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:47