Terrore in Francia, ma  non è pazzia, è la jihad

In Francia, a Digione, un uomo ha travolto scientemente 11 passanti prima di essere fermato e arrestato. Undici feriti, di cui due versano in gravi condizioni: questo è il bilancio provvisorio. Mentre compiva il suo folle gesto, il pirata della strada gridava “Allah u Akhbar”, Dio è grande, come tutti gli jihadisti. Una volta fermato ha dichiarato di voler vendicare i bambini della Palestina, in un periodo in cui è ricominciato lo scontro a Gaza. Secondo le fonti di polizia francesi si tratta solo di uno squilibrato, suggestionato dalla “Intifadah delle auto”, in corso anche a Gerusalemme, con le stesse identiche modalità. Non sarebbe un terrorista che ha preso ordini da una cellula dell’Isis o di qualche altro gruppo terrorista internazionale, insomma.

Sabato scorso, sempre in Francia, un altro uomo, un immigrato del Burundi recentemente convertito all’Islam, è entrato nel commissariato di polizia di Joué les Tours e, sempre gridando “Allah u Akhbar” ha aggredito a coltellate i primi agenti che ha trovato, ferendone tre prima di essere ucciso con un colpo di pistola. Anche in quel caso si è trattato di uno “squilibrato”? Non proprio, perché l’uomo aveva precedenti penali e, benché non fosse nel mirino dell’antiterrorismo, aveva esposto la bandiera nera dell’Isis sul suo profilo Facebook. E suo fratello era già noto alla Dgsi (il servizio segreto interno francese) per le sue posizioni radicali e per la sua intenzione di partire volontario per la jihad in Siria.

La pista del terrorismo fai da te non è stata esclusa neppure per lo “squilibrato” di Digione. Non si tratterebbe di semplice pirateria della strada, o di un gesto di follia, ma della nuova forma di micro-terrorismo. O forse sono entrambe le cose? Non era forse uno squilibrato lo jihadista australiano, di origine iraniana, il guaritore spirituale (come lui stesso si definiva) che ha tenuto in ostaggio decine di persone in un caffè di Sydney? E non sono forse squilibrati anche i cittadini d’oltralpe, immigrati musulmani o francesi convertiti all’Islam, che partono per la Siria e l’Iraq per farsi assoldare dal Califfato? Non era uno squilibrato il canadese, convertitosi all’Islam solo 10 anni fa, che ha assassinato il soldato Nathan Cirillo e ha cercato di provocare una strage nel parlamento di Ottawa? Perché ci sono così tanti squilibrati in azione? E perché proprio adesso? E perché agiscono tutti nel nome dell’Islam in generale, o del Califfato in particolare? Il confine fra la follia e questo nuovo tipo di terrorismo non è mai stato così sottile. E purtroppo i nostri strumenti di indagine sono ancora troppo poco affinati per comprenderlo.

Il Califfato, che non ha ancora la forza di condurre mega-attentati, in stile 11 settembre, ha rivolto un appello a tutti i musulmani d’Occidente, perché compiano attentati “con tutti i mezzi”. Riguardo alla Francia, esortano tutti gli uomini di “buona volontà” terrorista, a usare il veleno, a usare il coltello o altre armi bianche per aggredire i passanti e i poliziotti, i civili o i militari, a usare l’auto per travolgere più gente possibile. Ci sono specifici appelli di questo tenore, lanciati dagli jihadisti francesi in Siria e in Iraq, diffusi sul Web in tutto il mondo. Questi “squilibrati” sono i primi ad accogliere gli appelli e si rivelano, purtroppo per le vittime, abbastanza lucidi da metterli in pratica.

Le indagini in corso in Francia, con tutta probabilità, non troveranno le prove di complotti terroristici, né contatti diretti con Al Baghdadi o altri vertici del Califfato. Ma anche al tempo di Al Qaeda, le cellule agivano per conto loro, in “franchising”. Ora la dispersione è ulteriormente aumentata. Non serve neppure investigare fra quei 700 e passa francesi (che sono comunque tantissimi) partiti volontari per andare a combattere sotto le bandiere jihadiste e pronti a tornare con le peggiori intenzioni. Alla predicazione d’odio può rispondere chiunque. Basta avere una connessione Internet ed un carico di odio nella testa, contro la Francia o l’Occidente in generale. Il pericolo è costituito dalla predicazione dell’odio, appunto. E’ su quella che si deve lavorare. Non per questo possiamo permetterci il lusso di minimizzare il fenomeno. Non chiamiamoli “squilibrati”: questa non è pazzia, è jihad.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:52