L’islamizzazione  della Turchia

La religione, in Turchia, ha dato alla testa ai turchi. Tolti i soldi, cioè dove circolano i soldi dei turisti, i turchi hanno preso la deriva islamica fortemente osteggiata da Mustafa Kemal Ataturk le cui mille immagini sono disseminate simbolicamente in giro per Istanbul, inutilmente dato che la Turchia oggi è più che mai islamica.

Le donne dietro le grate nelle moschee coperte da assurdi teloni neri emblemi di rozzezza del Paese mentre gli uomini pregano e si prostrano ad Allah. Se Ataturk ha provato ad aiutare il proprio popolo occidentalizzandolo, quest’ultimo, molti in lacrime e a lutto, non ha saputo sfruttare l’anelito e lo slancio verso occidente, ricadendo, e nel peggiore dei modi, nell’integralismo islamico più ottuso e deprimente. Il presidente Recep Tayyip Erdogan oggi, tronfio di una spinta economica più da alternanza di corsi e ricorsi storici che altro, esibisce moglie e figlie full covered e ha chiara solo una cosa, ovvero l’utilità e stretta convenienza economica del mantenimento apparente di una qualsivoglia stabilità del Paese agli occhi internazionali, per lucrare e prosperare economicamente.

Sulle donne si è chiaramente espresso in occasione di un incontro sul tema “Donne e giustizia” quando ha affermato che le “donne non sono uguali agli uomini e che il grande status che riserva loro l'Islam è essere madri”, dichiarazione che ha a ragione suscitato grande irritazione tra le associazioni femminili che hanno richiamato l’attenzione su quanto simili dichiarazioni favoriscano le violenze e mettano in discussione la presenza della donna nella vita pubblica. Infatti Erdogan le vuole a casa, a pulire i fornelli e smerdare i bambini perché la sua interpretazione dell’Islam, sebbene non sia scritto da nessuna parte, è quella. La Turchia oggi è intrisa di religione reinterpretata a proprio uso e consumo, una religione intollerante e feroce contro tutto ciò che è diverso, contro tutto ciò che è altro e diverso dal pisello circonciso del turco mussulmano integralista.

E la religione è lo Stato, in una confusione totale di poteri, ruoli e funzioni, storicamente indistintamente assemblati nei vari sultanati d’antan. La laicità di Ataturk è oggi difesa a fatica da membri della società civile contro una massa di beceri proni alla più oscura religione che si è fatta Stato. Numerose scuole superiori sono state chiuse e sostituite con licei religiosi islamici. Da una parte c’è ancora il turismo, gli stranieri, la modernità, la conoscenza, la tecnologia, le università nel mondo, dall’altra sempre più religione granitica, monotoni millenari ripetituvi muezzin latranti, l’arretratezza, la rozzezza rigida di usi e superstizioni del tipo spose bambine e poligamia. Tutto è divieto, molto è bandito.

Teli di stoffa ruvida a coprire le “vergogne” e le nudità delle persone ritenute sempre non abbastanza religiosamente a livello, piedi di uomini ripuliti da sozzure decisamente meno visibili di quelle che lordano le vite, un accanimento sulla vita delle donne pari quanto una via crucis in terra, sguardi di costante sospetto e nascosti perché colpevolizzati all’origine dai detentori del “sapere” per tutti, la negazione assurda, violenta e totale delle cose più belle e sognate della vita e nel mondo. Il popolo turco sembra guardare il fondo del dirupo e volerlo come fosse l’eden, pare avere scelto la tradizione più ottundente e retrograda alla modernità; nei fatti, all’Europa, che a questo punto vorrebbe più per ripicca che altro. Asserragliato in un fatuo orgoglio miope, si aspetta infatti che l’Europa gli chieda pregandolo di entrare nella disastrata Unione di oggi. Una richiesta che non arriverà mai, e non solo in forma di preghiera.

L’Europa ha altri problemi, al momento. La Turchia avrebbe dovuto essere ammessa in Europa molto tempo fa. Allora sarebbe stata una scelta illuminata al limite del visionario. Incredibilmente oggi ci sono financo uffici turchi dedicati alla appartenenza della Turchia all’Unione europea a Istanbul, pur non essendo realtà. Ammettendola, si sarebbe riusciti a onorare l’ambizione e il piano lungimirante di Ataturk, con l’attrazione in sfera europea di un Paese che già anni fa era in bilico e al limite tra occidente e oriente. Oggi è oriente puro. Quanto ha a che fare con la Siria? Quanto con l’Isis? Quanto arma, sostiene, commercia? Si tratta di un Paese geograficamente più in Asia che in Europa, demograficamente abitato in maniera risibile sul lato europeo a fronte delle masse in Asia. Ma anche nella splendida Istanbul è visibile chiaramente la divisione netta tra pochi al di qua e moltissimi al di là abitanti e appartenenti in tutto e per tutto al mondo d’Asia.

La cosa peggiore è che la Turchia sta facendo da “modello” politico a tutta la regione, ponendosi come vera e propria avanguardia dell’ultimo decennio di governo di partito islamico che ha portato l’Islam nella sfera pubblica, annegandocela ben bene dentro. C’è l’integralismo del ministero del culto che “educa” con predicatori nei quartieri delle città, controlla, orienta e soprattutto finanzia la politica religiosa tutta del Paese, ad esclusione di quella sgradita. C’è l’integralismo del ciador, “la moda” della Mecca, c’è l’integralismo del Corano, la bibbia imposta così come interpretata dall’ultimo al comando, c’è l’integralismo della segregazione delle donne, c’è il loro obbligatorio accompagnamento da parenti di sesso maschile ad ogni movimento, l’integralismo da sorvegliate speciali.

E’ davvero molto difficile che in un futuro vicino possa avere la meglio la democrazia sulla religione islamica, perché quest’ultima non ammette affatto la prima.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:00