Cuba:Obama non senta puzza di dittatura

Barack Obama sbarca a Cuba e le autorità governative dell’isola caraibica neanche se lo filano. Ma lui non se la prende perché è entusiasta della missione.

Per il peggiore presidente che l’America annoveri nella sua storia mettere piede a L’Avana è stato come vivere lo sbarco sulla luna. Poco ci è mancato che Obama pronunciasse la fatidica frase che fu di Neil Armstrong, il primo astronauta a toccare il suolo lunare: un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità. È davvero bizzarro cosa i soldi facciano fare anche agli uomini più potenti della terra. Il caro Barack è andato a far visita al suo nuovo amico Raul Castro accompagnato da un codazzo di affaristi e d’imprenditori affamati di business. Cuba per tutti costoro è un boccone ghiotto perché è bella, ha un eccellente potenziale attrattivo per il turismo e i cubani sono talmente bisognosi di tutto da non chiedere di meglio che ubriacarsi di consumismo occidentale. È naturale, quindi, che mister Obama veda nel dossier cubano un’opportunità da non perdere per la quale si possa passare sopra anche a certi particolari non propriamente edificanti del governo locale. Come, ad esempio, quello strano vizio che la dittatura castrista non ha affatto perso di incarcerare i dissidenti e di reprimere con ogni mezzo la libera informazione. Per un robusto pacchetto di contratti si può anche chiudere un occhio sui diritti umani e altre amenità del genere. In fondo ci sta: si chiama realpolitik. Non se ne può fare una colpa all’attuale inquilino – fortunatamente ancora per poco – della Casa Bianca.

Tuttavia, se così funziona la geopolitica, se tutto deve essere ricondotto alla tutela degli interessi del sistema produttivo di ogni singolo Stato, allora perché mai lo stesso signor Obama viene a menare il torrone a noi italiani sull’inappropriato rapporto con Putin e la sua leadership? I russi amano l’Italia e tutto ciò che si produce nel nostro Paese. Se potessero comprerebbero di tutto dalle nostre aziende ma non possono farlo perché c’è di mezzo l’embargo imposto da Washington e dagli ascari europei. Certe relazioni, Oltreoceano, sono giudicate pericolose. La parola d’ordine è: con i russi non tratta e non si fanno affari perché sono imperialisti e negatori delle libertà degli individui e dei popoli.

Per la Casa Bianca le democrazie occidentali non dovrebbero avere niente a che spartire con il nemico. Ma facciamo a capirci: i comunisti cubani vanno bene e i russi no? Com’è che funziona questa storia? Il petrolio da Mosca l’Italia non dovrebbe comprarlo per non mettere in pericolo la pace nel mondo, ma i campioni di casa a Wall Street possono andare a Cuba a riempirsi le tasche? Anche se i diritti umani vanno a ramengo? La verità è che questa cieca subalternità della piccola Italia al potente alleato d’Oltreoceano ha stancato. Fin quando vi erano serie ragioni per difendere la posizione dell’Occidente sviluppato ci siamo stati e abbiamo fatto il nostro dovere. Ma adesso questa fedeltà ai princìpi, che funziona a corrente alternata, non ha più senso. Molte nostre aziende hanno chiuso i battenti a seguito della rottura commerciale con la Federazione Russa. Altre, per non fallire, hanno dovuto ricercare sentieri tortuosi pur di fare giungere ugualmente i propri prodotti sui mercati russi.

L’italiana Eni ha rinunciato alla partnership con la russa Gazprom per la costruzione del South Stream, il gasdotto che avrebbe portato più celermente e a più basso costo il gas dalla Siberia fino al nostro Mar Adriatico. Questi insostenibili sacrifici sono stati motivati con la supposta difesa di un ideale di libertà, mentre bellamente i fautori a chiacchiere di quel medesimo ideale si accomodano alla tavola imbandita dal sanguinario regime comunista della famiglia Castro. Ma chi volete prendere per i fondelli?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:11