“Riga Magica”, città sospesa fra due mondi

Un libro diverso sotto l’ombrellone, o un’idea per una vacanza che non sia il solito mare: “Riga Magica – Cronache dal Baltico” (il Sirente, 2015) invita a pensare a un altro mare europeo, il Baltico, con un viaggio sognante e malinconico in una capitale ancora sconosciuta. Riga viene descritta dall’autore, il fotogiornalista e saggista Massimiliano Di Pasquale, attraverso la formula tutt’altro che turistica del viaggio personale. Un percorso, in prima persona, attraverso i quartieri della storica capitale della Lettonia in cui ogni angolo, ogni palazzo, ogni piazza, acquisisce la sua profondità storica e personale. E così scopriamo che questa piccola grande realtà, apparentemente una capitale secondaria di uno dei Paesi di frontiera dell’Unione europea, racchiude in sé tutta la storia contemporanea del Vecchio Continente. Vi sono passati o vi hanno vissuto Wagner e Tomasi di Lampedusa, Berlin ed Eisenstein, ma vi sono passati anche entrambi i totalitarismi, nazista e comunista, lasciando le loro scie di morte.

Come è possibile descrivere una città e anche tutta questa storia? Basta passeggiare per le vie di Riga, appunto. E non andarci con le fette di salame sugli occhi. Ogni scorcio di Riga, infatti, racchiude una lunga trama da raccontare. Molto spesso si tratta di vicende molto drammatiche, che si concludono con deportazioni e fucilazioni sommarie sotto le due più mortali ideologie che l’Europa abbia partorito. Fino ad appena 25 anni fa, Riga era una città reclusa, separata forzatamente dal resto dell’Europa perché annessa all’Unione Sovietica. Per i cittadini dell’allora impero rosso era un “quasi estero”. Quando credevano ancora che il socialismo reale fosse il futuro, la visitavano da turisti e da curiosi, come una testimonianza di antiche civiltà passate, di un mondo che non c’era più, fatto di cattedrali gotiche, vestigia in stile liberty della nobiltà zarista e della ricca borghesia. Era un passato ancora vivo. Gli abitanti lettoni si distinguevano per il loro comportamento ancora “borghese”, fatto di pulizia, decoro e rispetto del prossimo, virtù dimenticate nel grande esperimento collettivista.

È impressionante constatare come, 25 anni dopo, la situazione si sia totalmente ribaltata. A Riga è ora possibile visitare, per noi occidentali curiosi, qualche antica vestigia del socialismo reale, un mondo che non c’è più, fatto di casermoni brutalisti e periferie alienanti, fantasie futuriste dei cosmonauti e monumenti celebrativi che ora appaiono più un imbarazzo diplomatico che un motivo di orgoglio. I cittadini sovietici andavano a respirare un po’ di Occidente a Riga, dove le riviste di moda erano all’avanguardia e le donne russe potevano rifarsi il guardaroba per sentirsi al passo coi tempi, la disco music faceva capolino negli anni Settanta e i giovani cercavano il loro spazio di libertà sul Baltico, come i loro coetanei hippie in America cercavano la pace nella natura. Oggi Riga, con la sua enorme comunità russa, è per noi occidentali una porta dell’Oriente, un mondo post-sovietico ancora sconosciuto e sempre più turbolento. I sovietici, non potendo andare all’estero, giravano i loro film a Riga fingendo che fosse un angolo di Europa occidentale. Negli anni 2000, sono gli europei occidentali che girano a Riga le scene che dovrebbero essere ambientate in una Russia ancora poco sicura (come è successo con “Archangel” con Daniel Craig).

La Riga Magica di Massimiliano Di Pasquale è dunque una cerniera fra due mondi, fra due epoche. Va trattata con rispetto, al di là della curiosità, perché è una città sopravvissuta miracolosamente alla sofferenza. E così, nei palazzi liberty, costruiti dal padre di quell’Eisenstein che ci regalò la “Corazzata Potemkin”, ci sono le storie di una borghesia annientata fisicamente dalle purghe bolsceviche e staliniane. In un “palazzo all’angolo” l’Nkvd di Stalin stabilì il suo luogo di morte, dove la gente “entrava e non usciva più”. Nell’ex ghetto ebraico fu deportata e sterminata l’antica e ricca comunità locale, annientata dai nazisti e dai loro collaborazionisti locali. Sono anche storie di eroismo, come quello di Janis Lipke, un operaio portuale che divenne lo “Schindler lettone”, riuscendo a salvare decine di ebrei da morte sicura, nascondendoli e proteggendoli in condizioni disperate. È però una storia che ha una costante: la lotta per la libertà e l’indipendenza, dai totalitarismi e dalle grandi potenze confinanti, i due imperi tedesco e russo in mezzo ai quali i baltici sono stati sempre schiacciati.

Questo quarto di secolo di libertà, protetta da Ue e Nato, è un’eccezione, non la regola. Ora, in questo prezioso momento di indipendenza, Riga può respirare. È degna di una visita, o meglio di un omaggio. Presto, prima che sia troppo tardi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:00