La difficile eredità del post Gheddafi

Dopo l’infelice deposizione e l’assassinio di Mu’ammar Gheddafi, disegno strategico di destabilizzazione geopolitica inserito nel drammatico “progetto”, che ho definito la “Seconda Questione d’Oriente” (iniziata con la destituzione di Saddam Hussein), voluto e coordinato da nazioni occidentali, si apre per la ex Libia una fase di ricerca di equilibrio socio-politico estremamente complessa. Va innanzitutto valutata la parzialmente spontanea, ma efficace, ascesa al potere di Gheddafi, avvenuta con un colpo di Stato nel 1969, ai danni della monarchia libica rappresentata prima dal re Idris I di Libia poi dal successore Hasan. La deposizione della Monarchia libica fu motivata dai golpisti dalla troppa vicinanza dei regnati all’Occidente, ma tale colpo di Stato non si sarebbe potuto realizzare se Gheddafi non avesse avuto il placet di alcuni Stati “occidentali”.

Va ricordato che Mu’ammar, dopo una prima fase fisiologica di dittatura militare, si accostò al socialismo arabo di ispirazione nasseriana, impostando un percorso ideologico e politico verso la realizzazione di una Repubblica del popolo, necessariamente inflessibile, ma non chiuso, che lui chiamò la “Terza Via”: rifiuto del capitalismo, vicinanza ad un socialismo nazionalista, molto simile al partito Baath siro-iracheno. Il suo più grande merito, dal punto di vista aggregativo territoriale e nazionale, fu quello di riuscire a mantenere ed a rafforzare quell’unità geografica che univa tre regioni storiche ben definite: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, piccole aree geografiche controllate da numerosi autoctoni armati e mobili, ed un imprecisato numero di tribù.

Gheddafi ha auto il merito, oltre di aver governato una “antidemocrazia naturale” per 42 anni, quello di tenere la Libia al centro delle attenzioni internazionali, con metodi discutibili ma efficaci, rimproverando, ad esempio, all’Italia, in una sua visita ufficiale avvenuta nel 2009, l’arresto e l’uccisione del patriota libico Omar al Muktar avvenuta nel periodo coloniale e ostentata, nella succitata visita, con una foto appesa al suo petto che ritraeva il patriota prigioniero in mezzo ai soldati fascisti. Tuttavia il suo appeal era indiscutibile sia all’interno che all’esterno della Libia: carriera militare in Libia, perfezionata in Gran Bretagna, vestito spesso in abiti militari (garanzia di laicità nel mondo arabo islamico), esportatore di economia e prodotti interni, vicino, anche se poco platealmente visto il personaggio, alla diplomazia internazionale. Se la sua deposizione fosse stata spontanea, avrebbe avuto immediatamente un sostituto.

L’ascesa al potere di Khalīfa Belqāsim Ḥaftar nella regione Cirenaica è stata verosimilmente l’unica manifestazione spontanea di emersione di leadership naturale: carriera militare vicino a Gheddafi, uomo troppo forte per restare solo al fianco. Dopo la guerra contro il Ciad, passa circa vent’anni negli Stati Uniti, entrando, anche se a volte Haftar smentisce, nella Central Intellingence Agency. Haftar ha sostenuto e sostiene un confronto vincente militarmente contro le forze jihadiste che avevano occupato città in Cirenaica e parte del Fezzan dopo Gheddafi, sostenuto prevalentemente dall’Egitto e Giordania, con ovviamente trasversalità articolate. Il suo ruolo all’interno della ex Libia lo ha ottenuto e lo mantiene prevalentemente e apparentemente con risorse proprie.

L’architetto Fayez al-Sarraj è stato imposto dalle Nazioni Unite, come capo del Governo di unità nazionale, con sede a Tripoli. È stata una figura burocratica ministeriale secondaria in epoca gheddafiana, proveniente da una ricca famiglia di commercianti e politici, ha il merito, grazie ad aiuti militari internazionali, di avere liberato la città strategica di Sirte divenuta tra il 2015 e 2016, capitale del sedicente Stato Islamico in Libia. Legato in modo articolato alla Francia, risponde agevolando riunioni ed incontri proprio in terra francese, non solo di carattere diplomatico ma anche economico e programmatico. Non indugiando su aspetti socio-biografici dei contendenti al Governo della ex Libia ricordo che attualmente i gruppi armati presenti nell’area in esame sono 8, tra cui Ansar al Sharia, la Brigata dei martiri del 17 febbraio, i Zintan solo per citarne tre, gruppi che operano trasversalmente e che hanno avuto ed hanno dei ruoli ibridi all’interno delle dinamiche strategie libiche.

Ad essi vanno aggiunti circa centotrenta tribù ben definite dal punto di vista della collocazione territoriale, ed anche da quello delle rivendicazioni, tutto ciò si articola anche nella pesante presenza di gruppi salafiti anche di corrente jihadista. I profili di Hftar ed al Sarraj sono decisamente diversi, uno dei due, per un contesto sociologico così complesso è apparentemente incongruente. Bisogna analiticamente ed in modo adogmatico riflettere su chi e perché non ha atteso un passaggio di potere più “spontaneo” all’interno della Libia nell’ambito delle cosiddette “Primavere arabe” (alla luce dei fatti); notoriamente il ruolo, anche della Francia, non deve essere stato marginale, visti soprattutto gli enormi interessi in campo.

Non bisogna dimenticare quanto la storia a volte ci insegna: il mio riferimento va allo “Schiaffo di Tunisi” del 1881, quando la Francia ignorando i lunghi rapporti, non su base colonialista, che l’Italia intratteneva con la Tunisia, dichiarò di esercitare il suo protettorato sullo Stato del Nord Africa estromettendo di fatto l’Italia dai precedenti legami e convenzioni con tutto quello che poi ne è conseguito circa i rapporti economici, sociali, diplomatici e di dignità nazionale. Ricordo quanto detto nel 1957 da François Mitterand: “Senza l’Africa la Francia non avrà storia nel ventunesimo secolo”; riproposto nel 2008 da Jacques Chirac: “Senza l’Africa la Francia scivolerebbe a livello di una potenza del Terzo mondo”.

Brevemente, è evidente che in una condizione politica così disarmonica e contesa il problema della gestione dei migranti, che transitano per le regioni della ex Libia, implica interessi economici ed il coinvolgimento delle relative geomafie che operano vantaggiosamente con connessioni internazionali.

Aggiornato il 24 gennaio 2019 alle ore 10:45