Afghanistan: i talebani tra Usa, Isis-K e al-Qaeda

A Doha si è celebrato l’ennesimo tentativo degli Stati Uniti di programmare il futuro dell’Afghanistan con i Talebani. Intanto, questo scambio di discutibile “alta diplomazia” si è verificato mentre l’Isis-K (Khorasan) cerca di destabilizzare il nuovo potere talebano. Al momento in Afghanistan, paradossalmente, i talebani sono la minaccia minore, infatti la diplomazia statunitense e britannica, presente a Kabul, è stata avvertita del grave rischio di subire attentati da parte dell’Isis-K, insieme agli stranieri residenti negli hotel della capitale.

Il 9 e il 10 ottobre a Doha, in Qatar, per la prima volta (ufficialmente) da quando gli Stati Uniti hanno lasciato il suolo afghano, la diplomazia Usa e i rappresentanti talebani si sono ritrovati intorno al tavolo dei negoziati. Al momento, non sono trapelate notizie sull’esito dell’incontro, quindi resta difficile immaginare la sua portata e il suo impatto sull’Afghanistan. Il tema trattato dalla delegazione statunitense, ha rivelato Ned Price – portavoce del Dipartimento di Stato americano – poggia sulla garanzia della sicurezza dei cittadini statunitensi, dei suoi partner afghani e degli altri cittadini stranieri e sui problemi causati dal terrorismo. Inoltre tra i temi in discussione, ha dichiarato Price, si è dato peso alla problematica del rispetto dei diritti umani: in particolare è stata presentata la richiesta della non esclusione delle donne afghane dalle attività lavorative, dai ruoli sociali e politici. In cambio hanno garantito la fornitura di importanti aiuti umanitari, indirizzati direttamente al popolo afghano. Pare che il dialogo sia stato “franco e professionale”, come dichiarato dal Dipartimento di Stato, ribadendo che i talebani “saranno giudicati dalle loro azioni, non solo dalle loro parole”.

È evidente che i talebani stanno soffrendo dell’isolamento, in uno Stato dove la povertà avvinghia i trequarti della popolazione e dove l’esclusione dal lavoro delle donne sta causando una generica carenza di servizi. In questo senso, tra i casi più indicativi si riscontra l’esclusione delle donne dall’ambito medico, legale ed amministrativo. L’esclusione delle donne dal mondo del lavoro è generalizzata; a Kabul solo poche dottoresse riescono ancora a lavorare ma solo nell’ospedale francese, mentre nell’ambito legale e amministrativo a oggi non hanno più ruoli. Tra queste una rianimatrice di nome Shoranghaize che, tramite WhatsApp, ha manifestato a un giornalista dell’Afp (Agence France Presse) la lucida consapevolezza della sua precarietà e la coscienza di essere “presa in trappola”. La sanitaria afghana ha anche dichiarato di essere in attesa del giorno in cui non potrà più fare il suo lavoro e sarà cacciata dall’ospedale, nonostante la sua competenza.

In effetti, se l’incontro di Doha non farà cambiare “rotta” all’ideologia talebana, cosa improbabile, la donna colta, professionalmente e capace, continuerà a rappresentare tutto ciò che i talebani odiano: donna, istruita, indipendente e sicura. Intanto un metaforico “cappio” si stringe, ogni giorno di più, intorno al collo delle afghane, “reso scorrevole” dall’ideologia talebana che si sta diffondendo e sta cannibalizzando tutte le menti. Quello che chiedono ora i talebani è il riconoscimento da parte della Comunità internazionale e l’assistenza economica, per evitare una catastrofe umanitaria nel Paese, aggravata soprattutto da loro. Oggi l’Afghanistan è economicamente paralizzato, tutti i beni del Paese sono stati congelati dopo il 15 agosto, così anche gli aiuti internazionali. Secondo le Nazioni Unite, l’Afghanistan è sull’orlo di una grave crisi umanitaria, ma già la fame sta manifestando la sua ferocia sulla popolazione.

È credibile che i talebani abbiano cercato lo “scambio di Doha” proprio perché incapaci di contenere gli attacchi dello Stato islamico del Khorasan (Isis-K), il gruppo islamista armato più radicale in Afghanistan. Tale gruppo terrorista da metà agosto ha messo in atto tre attentati suicidi mortali, con lo scopo di destabilizzare il regime dell’emirato proclamato dai talebani. Ora il Foreign Office britannico e il Dipartimento di Stato americano hanno avvertito dell’aumento dei rischi per la sicurezza negli hotel di Kabul, compreso il lussuoso “Serena”, dove negli anni passati hanno perso la vita anche alcuni giornalisti e loro familiari a causa di attentati terroristici. Per i Talebani non si apre una strada di “sereno Governo”. Inoltre, il confronto non è solo tra i talebani e l’Isis-K, ma nel “gioco della paura” è presente anche al-Qaeda.

Al-Qaeda e i talebani sono nati dalla resistenza all’invasione sovietica alla fine degli anni Ottanta e dalle lotte interne in Afghanistan all’inizio degli anni Novanta; il gruppo dello Stato Islamico è emerso anni dopo dai resti di al-Qaeda in Iraq (Aqi), una propaggine locale fondata in risposta all’invasione statunitense dell’Iraq nel 2003. È evidente che oggi i talebani sono l’attore più importante in Afghanistan: al-Qaeda è un gruppo jihadista transnazionale che cerca di ricucire le sue “reti” più volte strappate, ma anche lo Stato islamico-K ha un ruolo terroristico e un reticolo sovversivo ben connesso e importante. Tuttavia, ha una strada in salita per realizzare i suoi progetti dato che, al momento, è il nemico mortale sia di al-Qaeda e che dei talebani.

Aggiornato il 13 ottobre 2021 alle ore 10:34