Ucraina: passi avanti, indietro o di lato?

Per la seconda volta torno a confrontarmi con Maurice Pascal Ambetima, dottorando in Diritto Internazionale alla Sapienza e visiting researcher alla United Nations University di Bruges, sulla situazione in Ucraina, sulle problematiche diplomatiche e sulle proposte internazionali per il ritorno alla pace globale.

Prima di tutto le chiedo una riflessione generale sull’evoluzione del conflitto: cosa è cambiato dalla settimana scorsa, sia in termini strategico-militari che diplomatici?

Da quel che sappiamo, la negoziazione del presidente Recep Tayyip Erdogan in Turchia ha permesso di trovare delle basi comuni, purtroppo non sufficienti per la stipulazione di un accordo tra le parti. Viste le difficoltà che la Russia ha incontrato nella regione di Kiev, sembrerebbe che il presidente russo stia concentrando gli sforzi militari dei suoi soldati nelle regioni sud-orientali dell’Ucraina. La verità, probabilmente, è che Mosca non può permettersi di stare a un tavolo di pace senza avere una posizione di forza e delle conquiste da far pesare a Kiev. Finora, sotto quest’ultimo profilo, credo che molti accademici e osservatori possano concordare, è che ciò che la Russia ha ottenuto è di poco conto.

La nostra società comunica poco per simboli. Cosa ne pensa del ruolo che sta avendo la lettera “Z” nelle dinamiche militari di questa invasione? Pensa che il “simbolo'” possa incitare i popoli alla guerra?

Inizialmente, credo che quel simbolo avesse dovuto svolgere una funzione limitata all’azione di alcune delle forze di battaglia russe presenti nel territorio ucraino. È incredibile come successivamente, grazie anche alla pubblicità ricevuta dall’Amministrazione e dai media russi, sia diventato un collante del sentimento nazionale contro i “neonazisti”. Questo ci fa comprendere come l’identificazione delle persone in una battaglia passi, anche e soprattutto, per l’assegnazione e la scelta di simboli, più o meno sensati che siano. Se uno dà un’occhiata al discorso del presidente Vladimir Putin allo stadio Luzhniki, per toni e scenografia, sembra quasi di vedere una serie politica come “House of Cards”. Ma quella è la realtà. E ci dobbiamo fare i conti.

Parliamo di Volodymyr Zelensky. Sui social, tra le tante critiche (in)dirette mosse al presidente ucraino e leader anti-Putin, c’è quel continuo declassamento a “comico”, come se il suo passato rappresentasse un’ombra costante e aggressiva. Guardando ai nostri politici o a quelli americani – così come allo stesso Zelensky – cosa ne pensa dei leader che vengono dal mondo dello spettacolo?

Credo sia un fatto molto congeniale al tempo in cui viviamo. Onestamente, non so se ricorda, tornando sullo scenario italiano, quando dissero che Fedez stesse pensando a una propria candidatura per le politiche del 2023, inizialmente ritenevo che si stesse ipotizzando qualcosa di molto plausibile. Le persone cercano leader autentici, che gli somiglino per un qualche motivo, che combattano le loro battaglie. Difficile trovare qualcosa di autentico in dirigenti che utilizzano il linguaggio politico-giuridichese. Non dico che questo si configuri come un fenomeno positivo per la nostra società, sia chiaro, ma è qualcosa che è lì, accade, e potrebbe diventare sempre più evidente nel corso dei prossimi anni.

Certo, ma dobbiamo ricordare che un rappresentante dei cittadini dovrebbe essere eletto prima per l’alto livello delle conoscenze istituzionali e delle reali proposte, e che solo in un secondo momento può comparire la componente emotiva ed empatica. Le faccio un’ultima domanda: la strada delle sanzioni è la migliore per far desistere la Russia? Ci sono, e ci possono essere, vie alternative?

Su questo punto devo dire che è difficile pensare un quadro di risoluzione dell’attuale conflitto, se la Russia non viene sottoposta a regimi sanzionatori. La Cina, a ragione, ha fatto notare, nei giorni scorsi, che l’adozione di sanzioni economiche “unilaterali” da parte degli Stati occidentali configura dei profili di illiceità. È difficile, allo stato attuale, che le parti prese in causa non sfocino in alcune violazioni, se vogliono far sentire il peso della propria posizione. Un aspetto cruciale su cui occorre lavorare è cercare di non compattare le posizioni degli Stati in via di sviluppo intorno alle ragioni russe. È necessario tentare di evitare, in ogni modo, una logica bipolare delle relazioni internazionali. Se non ci si riesce, stiamone certi, si ritorna alla seconda metà del Novecento.

Aggiornato il 14 aprile 2022 alle ore 15:34