L’Artico e la geopolitica dell’orso polare

Dal Canada proviene un interessante progetto per la crescita turistica e l’occupazione sostenibile della zona artica attraverso la valorizzazione della fauna artica. Le istituzioni politiche e la filiera turistica artica canadese stanno promuovendo un nuovo modello economico e geopolitico centrato sulla figura dell’orso bianco. Le istituzioni canadesi hanno analizzato i vantaggi economici provenienti da uno sfruttamento sostenibile dell’orso bianco, grazie all’osservazione e alla scoperta turistica della vita, nel suo ambiente naturale, di questo fantastico animale conosciuto in tutto il mondo.

Per salvare l’orso polare è urgente mettere in campo azioni di conservazione: oltre alla ricerca sul campo, la lotta alle ulteriori minacce che incombono sull’Artico, tra cui le esplorazioni petrolifere e di gas. L’orso polare è diventato il simbolo di una biodiversità in pericolo e soprattutto del riscaldamento climatico. Tuttavia, la sua tutela si è mischiata con le contemporanee questioni geopolitiche in un territorio, l’Artico, conteso dalle cinque nazioni circumpolari (Stati Uniti, Canada, Danimarca, Norvegia e Russia). Le Ong ambientaliste sono riuscite ad internazionalizzare la questione della sua tutela e del suo ambiente, cercando di fare della strumentalizzazione dell’animale un trampolino di lancio per la tutela del fragile territorio artico.

Un approccio che ha sta rilanciando anche il ruolo geopolitico locale dei popoli autoctoni. Secondo le analisi degli esperti, la perdita degli orsi polari equivale ad un danno economico di 15 milioni di dollari canadesi all’anno a cui aggiungere ulteriori 133 milioni di dollari dovuti ai mancati benefici economici delle comunità indigene locali e della filiera turistica. Le analisi più consistenti sono state svolte nella zona di Churchill, una regione canadese, dove l’osservazione degli orsi polari potrebbe generare entrate economiche valutabili intorno ai 7.2 milioni di dollari annui.

Durante l’epoca storica della Guerra fredda, l’orso polare divenne un modello di cooperazione internazionale. Nel 1965, i biologi che lavoravano nell’Artico si preoccupavano per la diminuzione delle popolazioni degli orsi polari e si consultavano nonostante la Guerra Fredda. Sovietici, americani, canadesi, norvegesi e danesi gettarono le basi per una collaborazione senza tener conto delle tensioni politiche. Un dibattito che risulta centrale anche in termini geopolitici contemporanei, grazie alla collaborazione di alcuni Stati artici, riuniti nel Piano d’Azione Circumpolare 2015-2025, che coinvolge Canada, Stati Uniti, Norvegia e Groenlandia, e che mira a rafforzare la conservazione e la tutela dell’orso bianco promuovendo programmi di conservazione artica con il coinvolgimento delle popolazioni indigene, delle associazioni locali e degli attivisti ambientali. Attualmente, alcune Ong attive nella zona artica, come la Polar Bear International (Pbi) e l’International Fund for Animal Welfare (Ifaw), stanno intraprendendo iniziative lobbistiche per garantire, in tutto il territorio artico, una protezione totale dell’orso bianco con il divieto assoluto del commercio delle sue pelli e azioni più incisive di tutela ambientale.

In Canada, l’arrivo al potere nel 2016 di Justin Trudeau ha innescato una considerevole diminuzione delle tensioni nell’Artico e una crescente e dinamica sperimentazione turistica locale, con finanziamenti federali specifici per la tutela delle tradizioni, dei costumi e della vita delle popolazioni autoctone artiche.
Le comunità locali, le Ong, le imprese e gli Stati utilizzano l’orso polare per scopi geopolitici in quanto è il futuro dell’uso dei territori artici il vero protagonista dello “scontro” tra Stati artici.

Aggiornato il 08 novembre 2023 alle ore 10:54