L’Italia vuole riformare il Consiglio di Sicurezza dell’Onu

L’Italia vorrebbe “allargare” il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il nostro Paese, essendo il coordinatore del gruppo Uniting for consensus (Ufc), ha presentato all’Assemblea generale dell’Onu una proposta per riformare il Cds dell’organizzazione. Il progetto è stato elaborato dal gruppo di cui fanno parte anche Turchia, Spagna, Canada, Messico e Colombia. Rendere il Cds “più rappresentativo, democratico, responsabile, trasparente ed efficace” è la missione dell’Ufc, come ha spiegato l’ambasciatore d’Italia Maurizio Massari, nell’ottica di un ampio processo di riforma in linea con la decisione numero 62/557 dell’Assemblea Onu.

Il diplomatico ha illustrato come il modello presentato all’Organizzazione sia una versione 2.0 della riforma condivisa precedentemente. Il nuovo progetto per il Cds si snoda in cinque temi principali: categorie di membership; questioni relative al veto; rappresentanza regionale; dimensione del Consiglio allargato e il suo funzionamento; rapporti tra Consiglio di sicurezza e Assemblea generale. Il documento di Uniting for consensus “concede ampio margine di flessibilità e apertura sui dettagli esecutivi”, ha ricordato Massari, perché l’obiettivo è “assicurare che i negoziati intergovernativi, l’unica legittima piattaforma negoziale per la riforma del Consiglio secondo Ufc, conseguano un progresso concreto”. Inoltre, i Paesi membri del gruppo spingono su tre punti cardine: l’aumento del numero dei seggi non permanenti, la priorità alle regioni con scarsa rappresentanza in seno al Consiglio, e il riconoscimento della legittima aspirazione di alcuni Stati membri a servire un mandato superiore al massimo dei due anni attualmente concesso. Il cuore della riforma voluta da Ufc sta nel portare a 22 il numero dei membri non permanenti del Cds, “così da migliorarne la rappresentatività e legittimità”, ha aggiunto Massari.

L’ambasciatore italiano, fattosi portavoce di Uniting, si è detto contrario all’aumento dei membri permanenti, oltre a Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Regno Unito. “L’ampliamento della membership permanente – ha spiegato il diplomatico – intaccherebbe il principio di pari sovranità tra gli Stati membri e renderebbe il Consiglio di sicurezza meno democratico, poiché non sussistono sufficienti strumenti a garantire che i membri permanenti siano chiamati a rispondere delle loro azioni davanti al resto della membership rappresentata nell’Assemblea generale”. Visto lo stallo ormai decennale dei negoziati intergovernativi delle Nazioni unite, l’ambasciatore italiano ha insistito “sull’apertura al compromesso”, sottolineando “l’impegno del gruppo a un approccio costruttivo in nome di un’efficace riforma del Consiglio che ne garantisca un adeguato funzionamento”, ha concluso Massari.

Aggiornato il 19 marzo 2024 alle ore 16:14