L'incompatibilità di Orlando e Tidei

Archiviate le amministrative e ammainate le bandiere da guerra, per Montecitorio si aggira in questi giorni uno spettro che sta provocando non pochi grattacapi ai nostri parlamentari: quello delle incompatibilità per coloro i quali sono stati eletti sindaci di Comuni con più di 20mila abitanti.

A tenere banco sono i casi di Pietro Tidei (Pd) e Leoluca Orlando (Idv), rispettivamente eletti sindaci di Civitavecchia e Palermo. «Se sarò eletto sindaco, mi dimetterò immediatamente», aveva affermato in campagna elettorale il deputato del Pd. Parole confermate l'altro giorno, quando, in pompa magna, aveva annunciato le immediate dimissioni. «Vado alla Camera per rassegnare le dimissioni». Ma qualcosa è andato storto e il neo sindaco di Civitavecchia ha deciso di rinviarele. Il motivo? C'è il rischio concreto di chiusura del Tribunale di Civitavecchia nonché dell'apertura di una nuova discarica a Roma e Tidei, assegnato alla Commissione Giustizia, dice di essere determinante per portare avanti la battaglia contro la chiusura del primo e l'apertura della seconda.

Decisione che ha mandato su tutte le furie Mario Adinolfi, noto blogger di area centrosinistra, primo dei non eletti, che sarebbe dovuto subentrare a Tidei e che ora dovrà aspettare un po' prima di varcare la soglia di Montecitorio. E non è bastata nemmeno la mano tesa a Tidei da Andrea Sarubbi, altro deputato Pd, che si era pubblicamente impegnato a diventare la sua longa manus in Parlamento. Proposito che è valso a Sarubbi l'accusa di "solerzia" da parte di Tidei. «I tempi e i modi delle mie dimissioni le deciderò io e non Adinolfi», ha chiosato. Nel frattempo da via del Nazareno nessuno dei dirigenti piddini ha osato metter bocca. Le malelingue mormorano che le dimissioni di Tidei siano stato congelate direttamente dai vertici del Pd, per una sorta di vendetta nei confronti di Adinolfi, da sempre anticonformista e non allineato totalmente alla linea del partito.

Temporeggia anche Leoluca Orlando, che da qualche giorno è tornato nella sua amata Palermo. In questo caso, a Orlando, subentrerebbe Giuseppe Vatinno, 51enne romano, che nel frattempo è passato all'Api di Francesco Rutelli. Fattore che ha spiazzato e non poco Antonio Di Pietro, il quale con l'elezione di Orlando perde un altro deputato. Il gruppo dell'Idv alla Camera attualmente conta 21 componenti - Orlando compreso - che dovrebbero così scendere a 20 (numero minimo per la costituzione di un gruppo Parlamentare) dopo il subentro di Vatinno. Ma non è questo il problema principale per Tonino. L'Idv non vuole farsi sottrarre da Lega e Popolo e Territorio la presidenza della Commissione d'inchiesta sugli errori sanitari, presieduta proprio dal portavoce nazionale del partito di Di Pietro.

La corsa è già iniziata. Per la successione si fanno i nomi di Palagiano (Idv), Polledri (Lega) e Pippo Gianni (Pt), anche se, i più informati, assicurano che alla fine Fini e Schifani opteranno per la nomina di un dipietrista per non stravolgere gli equilibri. Sarebbe illogico, fanno notare a Palazzo, assegnare l'unica presidenza in quota Idv a Lega o Pt, le quali sono già ben rappresentate nelle Commissioni Esteri, Bilancio, Ambiente e Lavoro. Mercoledì, comunque, il rebus dovrebbe essere sciolto, visto che Orlando incontrerà Gianfranco Fini per dimettersi. Anche perché non c'è più molto tempo. Sia l'esponente dell'Idv che Tidei, infatti, entro quel giorno dovranno rassegnare le dimissioni, altrimenti i loro casi saranno esaminati dalla Giunta per le elezioni di Montecitorio, che già lo scorso 14 dicembre aveva dato seguito alla sentenza della Corte Costituzionale 277/2011, costringendo alcuni parlamentari con il doppio incarico a scegliere tra la poltrona di sindaco e quella di deputato. Quella che mise fine alla famigerata "giurisprudenza Cammarata", per intenderci.  

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:06