Quanto ci costano le intercettazioni?

Avete presente Le vite degli altri, il film sulla pervasività della polizia di stato nella fu Germania orientale? Uno struggente racconto di un rapporto tra spia e spiato, mediato da un auricolare, per il primo, e un microfono, per il secondo. Non è dato sapere se lo struggimento sia lo stesso, ma sono stati 139.051 nel 2010 i cittadini italiani ad avere il telefono sotto controllo. È quanto emerge da uno studio dell’Eurispes (Istituto di studi politici, economici e sociali), elaborato a partire dall’ultima infornata di dati forniti dalla Direzione generale di statistica del ministero della Giustizia. Tenendo in considerazione che ogni utenza sotto controllo ha fatto registrare 26 eventi telefonici giornalieri ed è stata tenuta sotto controllo per una media di 50 giorni, il numero delle conversazioni intercettate è stato pari ad oltre 181 milioni. 

Anche se occorre considerare, come precisa lo studio, che non si sta parlando unicamente di conversazioni tra due utenze, ma più in generale di eventi telefonici: chiamate in entrata, in uscita, chiamate senza risposta, messaggistica e localizzazioni. Comunque la si voglia vedere, si tratta di un incremento notevolissimo se si considera il quinquennio precedente: rispetto ai dati del 2006, infatti, il numero di bersagli tenuti sotto controllo è aumentato del 22,6%. Cifre che hanno portato la spesa complessiva per le intercettazioni dai 266 milioni del 2008, agli oltre 284 di due anni dopo (+ 6,8%).

Un aumento intercorso nonostante lo strumento delle intercettazioni sia diventato negli anni sempre più mirato e preciso, anche grazie alle sofisticate tecnologie messe in campo. «Un incremento particolarmente significativo in un arco di tempo di soli 5 anni – osserva l’istituto - e che ha interessato tutte le diverse tipologie di intercettazione». Se non si può parlare di vero e proprio abuso, poco ci manca. Soprattutto a fronte di un non uguale aumento degli indagati passibili di intercettazioni nello stesso periodo. Quella del controllo dei telefoni, è ormai un prassi routinaria di molti settori della magistratura.

Se è sbagliato assimilare tout-court il temine “intercettazioni” al solo controllo di utenze telefoniche, nella sostanza la coincidenza è quasi totale. Il controllo su apparecchi fissi e mobili nel 2010 è stato pari a 125.150, il 90% del totale. Solo l’8,4% per quelle ambientali (11.729), mentre quelle informatiche e telematiche sono state solo l’1,6% (2.172).

Tra i distretti più intercettati al primo posto troviamo Napoli con 21.427 bersagli, seguito, a grande distanza, da Milano (15.467), Roma (11.396), Reggio Calabria (9.358), e, al quinto  posto, Palermo (8.979). Seguono Firenze, Torino, Bologna.

Ma è il capoluogo lombardo a registrare le spese più alte: nel 2010 gli uffici giudiziari hanno liquidato 39 milioni di euro per questa tipologia di spese. Seguono Palermo con 34 milioni, Reggio Calabria con 31, Napoli 25 e Catania 17 milioni. Il caso di Milano, unica città priva di uno storico radicamento da parte della criminalità organizzata a risultare nei primi posti in classifica, è indicativo della “deriva intercettatoria” della magistratura italiana negli ultimi anni. All’ombra del Pirellone le spese hanno registrato un incremento significativo e costante, pari al 75,5%, passando dai 22.599.643 euro del 2008 ai 39.670.400 del 2010. Al contrario, per esempio, di Reggio Calabria. A fronte di un aumento delle spese pari al 67,7% nei due anni, è stata significativa la riduzione tra il 2009 e il 2010, passando dai 42 ai 31 milioni. Un’andamento altalenante, simile a quello del distretto di Napoli, dove si è registrato un incremento delle spese pari al 32%.

A sorpresa tra i distretti virtuosi si colloca Palermo, con un meno 22,7%, insieme a Torino (meno 32,6%), Cagliari ( meno 34,1%) e Messina (meno 30,8%). Il record spetta però al distretto di Potenza, dove le spese si sono contratte di circa la metà. In termini assoluti, i distretti giudiziari dove la spesa per  intercettazioni risulta essere più contenuta ci sono Campobasso (374.359 di euro), Potenza (1.085.988 di euro) e Salerno (1.527.466 di euro). 

Secondo Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes «in considerazione dell’enorme archivio che si è andato costituendo negli anni prima ancora di una legge di riforma delle intercettazioni, sarebbe quantomeno auspicabile un intervento amministrativo volto alla definizione di criteri di sicurezza informatica e alla tracciabilità digitale delle singole intercettazioni, al fine di limitarne al massimo ogni abuso anche attraverso una riorganizzazione del Registro unico delle intercettazioni adeguandolo alle nuove tecnologie».

«Più che continuare ad operare tagli indiscriminati sulle intercettazioni – ha proseguito Fara - bisognerebbe, anche in questo caso, arrivare alla definizione di un costo-standard, consentendo così una maggiore uniformità tra le spese dei diversi distretti giudiziari e un conseguente risparmio di risorse pubbliche».

E se l’incremento dei costi del distretto di Milano porta a sospettare che la procura meneghina faccia un uso eccessivo dello strumento, la tendenza generale è che il numero di utenze controllate al nord sta aumentando considerevolmente nel corso degli anni. Segnali di come la criminalità organizzata stia cercando di mettere piede in territori fino a qualche lustro fa poco battuti.

«Questo quadro suggerisce la necessità di uscire definitivamente da una visione ormai inattuale del paese – sottolinea l’Eurispes - che confina le attività criminali mafiose soprattutto nel Sud e in Sicilia e conferma la penetrazione sempre più capillare delle mafie al Nord, dove sono presenti maggiori capitali e dove è possibile aggredire il sistema imprenditoriale».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:52