Samorì vuole prendersi il Pdl

Luci e ombre per la kermesse toscana di Gianpiero Samorì. L’imprenditore romagnolo ha lanciato domenica da Chianciano la sua scalata al Pdl. Riempiendo il palazzetto dello sport della località termale. Con simpatizzanti entusiasti (anche se lo spirito si è raffreddato, dopo la poco efficace partecipazione del leader al Porta a Porta di giovedì) e di qualche vecchietto che non sapeva bene dove si trovava. Coinvolto in quei tour dove, per una manciata di euro, ti portano a vedere un bel posto al patto di sorbirti tre ore di dimostrazione su quanto le pentole degli organizzatori della gita siano migliori di tutte le alte. Sostituite le padelle a Samorì e il gioco è fatto. Ma al di là degli aspetti folkloristici (per certi versi la Chianciano di Samorì ha ricordato l’Auditorium del Massimo nel quale Domenico Scilipoti tenne il suo primo, memorabile, congresso), l’imprenditore che si sente un “Berlusconi-mignon” ha deciso di fare le cose sul serio. Un sondaggio di ieri di Swg lo accredita al secondo posto nelle preferenze del popolo pidiellini. Un 14% in coabitazione con Alessandra Mussolini, che fa preoccupare non poco Angelino Alfano, forte appena del 32%. Anche se la candidatura di Giorgia Meloni, ufficializzata ieri, potrebbe sparigliare il campo.

L’avvicinamento con la galassia berlusconiana ha origini relativamente lontane. A cavallo tra il 2007 e il 2008 Samorì fu vicepresidente dei Circoli del buongoverno di Marcello Dell’Utri. Un’esperienza che oggi gli vale l’accostamento con il potente senatore siciliano. Ma chi lo conosce bene, afferma che è ormai da più di quattro anni che l’imprenditore non ha più rapporti con quell’ambiente. La cui frequentazione gli è valsa l’attenzione di alcuni consigliori del Cavaliere. Diego Volpe Pasini e Vittorio Sgarbi su tutti. I quali, dopo lo sfogo di Silvio Berlusconi contro il governo Monti a villa Gernetto, hanno immaginato il suo come un nome perfetto per guidare la costituenda lista civica nella quale l’ex-premier avrebbe voluto arruolare solamente figure digiune da un passato in politica. È stato il critico d’arte a dire che «a Berlusconi delle primarie non frega niente - assicura - e non voleva che Samorì si candidasse. Voleva piuttosto che desse vita a qualcosa di nuovo, che fosse un nuovo Montezemolo con cui il Pdl avrebbe potuto allearsi».

Ma le primarie hanno squadernato il piano. E Samorì, a sua detta ormai mediaticamente troppo esposto per fare un passo indietro, ha deciso di parteciparvi. «Il suo obiettivo non è semplicemente concorrere, ma prendersi in mano il Pdl scalzando Angelino Alfano» commenta un suo collaboratore. Una decisione che ha lasciato sconcertato Sgarbi, secondo il quale Samorì ha «rinnegato il disegno» che aveva in mente insieme al Cavaliere, “costringendolo” a candidarsi a sua volta (l’annuncio è arrivato ieri). Se l’imprenditore perdesse, si metterebbe in proprio. Una lista che avrà un nome diverso da quella del suo movimento (oggi si chiama Mir, Moderati italiani in rivoluzione), che prenderà una strada autonoma rispetto a quella degli azzurri. Intanto però ferve la raccolta delle firme. A cominciare ovviamente dall’Emilia Romagna, passando per la Lombardia, il Veneto, il Lazio, la Campania e la Sicilia. Proprio sull’isola gli uomini di Samorì avrebbero avuto più di un contatto con quelli di Raffaele Lombardo. L’ex presidente siciliano si sarebbe dichiarato disponibile a dare una mano nel raccogliere i duemila nominativi che sono l’obiettivo dichiarato dal suo staff, per indebolire la candidatura di Angelino Alfano, che non più di qualche mese fa boicottò la candidatura dell’attuale alleato lombardiano Gianfranco Micciché.

Ma un aiuto potrebbe arrivare anche dal vertice del partito “vittima” dell’Opa dell’imprenditore. In questi giorni Denis Verdini, in ottimi rapporti con Samorì, starebbe valutando di aiutarlo a raccogliere le firme mancanti (in particolar modo, sembra, in Campania tramite Nicola Cosentino). Un’operazione che mirerebbe ad indebolire Alfano, e che godrebbe del silenzio-assenso del Cavaliere. Verdini sa che la candidatura Samorì non metterebbe a rischio la vittoria del segretario, ma potrebbe servire ad erodergli un discreto pacchetto di consensi. Una vittoria con numeri risicati (il 32% di Swg è un dato al di sotto di qualunque aspettativa) azzopperebbe la rincorsa dell’ex Guardasigilli, e lascerebbe più margine di manovra per un colpo di mano di Berlusconi nel caso i risultati delle primarie non lo soddisfacessero. Proprio ieri Mario Landolfi, esponente degli ex An, sottolineava che “Alfano deve raggiungere almeno il 50% se non vuole essere addirittura delegittimato dalle primarie”.

Ma sbaglia chi racconta che l’ex-premier sia parte attiva della strategia. Anzi. Berlusconi, così come confermato dallo stesso Samorì, ha incontrato l’imprenditore appena un paio di volte, solo una in tempi recenti. Anzi. La famosa cena tra i due raccontata dalla stampa non più tardi di sue settimane fa non avrebbe mai avuto luogo. Il Cavaliere l’avrebbe fatta saltare all’ultimo momento, irritato da alcune dichiarazioni a mezzo stampa del rampante candidato.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:57