Perdono i notabili, vince la speranza

Il Partito democratico ha vinto con un risultato straordinario: oltre il 40 per cento, almeno un terzo sono voti “in prestito”, pronti ad andare altrove o a tornare dov’erano, ma il risultato è indubbiamente storico. La fusione a caldo tra la nuova leadership di Matteo Renzi e la collaudata struttura del partito è riuscita e ha dato la risposta attesa. Speranza, richiesta di sicurezza e stabilità, il Paese ed i mercati avevano bisogno di questo. Rimane da chiedersi se è stato un lampo dovuto alla paura degli italiani per Grillo e alle difficoltà di Forza Italia o se invece Renzi reggerà alla prova del governo e alle insidie della lotta politica interna, che per ora son state arginate dalla valanga di consensi che ha ricompattato le correnti del Pd, ma che potrebbero riaffiorare dopo la sbornia della vittoria. Inutile qui avventurarsi nell’analisi del resto del voto degli italiani, il dato è chiaro: Il Pd di Renzi ha vinto, la Lega è ripartita, gli altri hanno perso.

Quello che vogliamo sottolineare è il comportamento degli elettori rispetto al sistema elettorale (proporzionale con le preferenze) nell'ambito del partito votato. Sotto questo punto di vista analizziamo il Pd, il M5stelle, Forza Italia e Ncd. Il Pd ha convinto oltre 11 milioni di elettori, di questi il 47 per cento ha espresso le famose preferenze; il M5S è stato votato da circa 5.800.000 elettori, ma solo il 28 per cento ha scritto i nomi dei preferiti; Forza Italia si attesta quasi al 17 per cento e registra circa il 49% di preferenze. Poi c’è l’Ncd + Udc che ottiene solo 1.200.000 voti sul simbolo, ma ben 960.602 preferenze. Cioè a votare Ncd, senza esprimere nessuna preferenza è stato solo il 20% di quel magro 4,38% totalizzato da Angelino Alfano e Pierferdinando Casini, che equivale allo 0,87% degli elettori italiani. Questo dato deve far riflettere tutti, ma soprattutto i fautori delle preferenze, almeno su un punto: le elezioni non le vinci grazie ai campioni delle preferenze e al voto strutturato. Abili politici e notabili di partito, molti dei quali del tutto rispettabili, si muovono all'interno del bacino elettorale più politicizzato del proprio partito e riescono, meglio di altri, ad aggregare il consenso che già c'è nel proprio territorio. Non è detto che siano loro ad aumentare il consenso al partito, potrebbe perfino essere dannosi. Puoi ad esempio essere un grande detentore di tessere e preferenze, ma un pessimo comunicatore. E gli esempi non mancano. Le elezioni per fortuna le vinci con le idee, purtroppo anche con false promesse, ma il consenso lo conquisti con le proposte e attraverso messaggi chiari, forti che solo un buon leader sa comunicare rivolgendosi all’intero Paese e non ai propri capibastone.

A maggior riprova di quanto detto, approfondiamo il dato di Ncd. Nessuno può negare al partito di Alfano una perfetta struttura organizzativa, del resto con 5 ministri, migliaia di amministratori e centinaia di validi ed esperti dirigenti ex Pdl e Udc il controllo del proprio elettorato è stato totale. Son stati talmente bravi ad indirizzare i propri elettori da superare quasi la soglia della comprensione e arrivare a dati grotteschi. Ecco i numeri emblematici del Ncd: neanche a farlo apposta, cominciamo dalla circoscrizione dell'Italia insulare (Sicilia e Sardegna). Qui gli elettori che hanno votato il simbolo Ncd sono incredibilmente meno rispetto alle preferenze espresse sui candidati. Ncd, infatti, totalizza 170.603 voti, il dato migliore per Alfano, cioè il 7,51%, ma le preferenze totali espresse ai candidati arrivano a superare clamorosamente il voto di lista: ben 204.328, cioè 33.725 in più. Il dato si ripete, seppur non con questa incredibile forza, anche nella circoscrizione Italia meridionale dove il voto di lista e quello di preferenza quasi combaciano (94%), così come nell’Italia centrale (80%). Il dato cambia nel Nord-ovest e Nord-est, ma si sa, il controllo dell’elettorato è storicamente più forte nel centrosud e nelle isole. Risultato finale di questa minuziosa super organizzazione? Tre eletti al Parlamento Europeo. Ora ritorniamo un attimo sul Pd, anche qui abbiamo altri numeri che dimostrano che le elezioni le vinci conquistando il voto d’opinione e non con i ras delle preferenze. Il partito di Renzi sfonda nel nord-est col 43,53% di voti sul simbolo, dove però la percentuale di preferenze scende al 37%, e nell'Italia centrale con addirittura il 46,58% ma con meno della metà di preferenze (45%). Dove il Pd invece è andato peggio, ma sempre benissimo, cioè nell’Italia meridionale ed insulare (con un più fisiologico 35%), la percentuale di preferenze invece schizza al 75% (circoscrizione Italia meridionale) e all’89% (Italia insulare).

Una volta chiarito, con i numeri, che non sono i campioni delle preferenze a fare la differenza per vincere le elezioni, rimangono allora solo due ultimi rebus soprattutto per Alfano e Berlusconi: come conquistare il voto d’opinione o come riconquistarlo ancora. Ncd dovrà lavorare sul primo, Forza Italia sul secondo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:14