Il caso Totò Cuffaro: l’analisi di Borner

Accade, a volte, di sentirsi dire, anche da amici e da persone che guardano con simpatia ai radicali che Marco Pannella ha un po’ rotto i coglioni, con questo suo sempre parlare di carceri, di giustizia di non democrazia; e che bisognerebbe occuparsi anche di altre cose urgenti e drammatiche, come l’economia che non va, il lavoro che non c’è, la crisi che colpisce il nostro paese molto più di altri. Poi arriva un signore che si chiama Anton Borner; è un imprenditore tedesco, è il leader dell’associazione del commercio all’ingrosso e dell’export del suo paese.

Questo signore conosce molto bene l’Italia, forse perfino meglio di tanti italiani, parla la nostra lingua, i figli studiano a Roma. Borner ha partecipato qualche giorno fa ad un convegno ad alto livello, l’Italian German High Level Dialogue, che ha visto la partecipazione di molti imprenditori italiani e tedeschi; hanno discusso e si sono confrontati sui temi urgenti, come l’economia che non va, il lavoro che non c’è, la crisi che colpisce il nostro paese molto più di altri. A un certo punto a Borner qualcuno ha chiesto cosa frena le aziende tedesche in particolare, e straniere in generale, dall’investire in Italia: “L’incertezza del diritto”, ha risposto Borner. “Quello è un ostacolo gigantesco.

I tempi dei processi sono insopportabilmente lunghi: non è possibile dover aspettare anni per una sentenza. Per un’azienda è un fattore di incertezza micidiale, quando deve fare un business plan”. Borner insomma ci dice che la ragione e la causa di un’economia che non va, del lavoro che non c’è, della crisi che ci colpisce più di altri paesi sono figli in buona parte di una giustizia lenta, che non funziona, di fatto negata. E a proposito di giustizia negata.

Ne hanno parlato molto “Il Giornale” e “Il Garantista”. C’è una vicenda che lascia davvero a bocca aperta, ed è quella che ha per protagonista l’ex presidente della regione Sicilia Totò Cuffaro, condannato a sette anni di carcere per favoreggiamento aggravato alla mafia; ha già scontato tre anni, e in questi tre anni si è laureato, ha scritto dei libri, è stato un detenuto modello. Non importa qui stabilire se sia colpevole o no, se la sentenza sia giusta o meno. Il fatto è un altro: Cuffaro ha chiesto di vedere per qualche ora la madre novantenne affetta da demenza senile. Il magistrato di sorveglianza ha respinto la richiesta con motivazioni che lasciano basiti.

Basti dire che nel provvedimento si legge che “il deterioramento cognitivo evidenziato svuota senz’altro di significato il richiesto colloquio poiché sarebbe comunque pregiudicato un soddisfacente momento di condivisione”. Proviamo a farne una traduzione: poiché la madre di Cuffaro è praticamente incapace di intendere e volere, che il figlio la veda non serve, e dunque la visita è inutile, pertanto la si nega. Il ministro della Giustizia Orlando ha disposto “un accertamento preliminare” per capire con quali criteri il giudice di sorveglianza ha negato il permesso a Cuffaro.

Lo si può immaginare il criterio, la si può intuire la logica che sono dietro a questo No: un qualcosa di incommentabile, perché si scadrebbe nella volgarità e nell’insulto. Questa la situazione, questi i fatti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:15