Renato Farina, l’Ordine e l’ipocrisia dei colleghi

Venerdì 19 dicembre si è svolta a Roma un’iniziativa di formazione permanente organizzata dall’Ordine dei Giornalisti del Lazio, e devo riconoscere che è stata veramente interessante. È la prima iniziativa che si discostava dai soliti luoghi comuni di una formazione inutile, e probabilmente dispendiosa. L’argomento era il web e le sue tecnologie, e forse ciò ha fatto la differenza.

C’è un aspetto particolare dell’evento, però, che mi ha in qualche modo indignato, è aver usato l’iniziativa per ascoltare le motivazioni di due colleghi che si sono dimessi dal Consiglio nazionale dell’Ordine. Le motivazioni date dai giornalisti Carlo Bonini de “La Repubblica” e Pietro Suber di Mediaset sono dovute alla decisione del Consiglio dell’Ordine della Lombardia di aver riammesso Renato Farina in riferimento al caso Betulla. Per ricordare l’antefatto, il giornalista di “Libero”, Farina, fu sospeso dall’Odg della Lombardia perché uscì la notizia “così per caso” che collaborava come agente dei Servizi segreti italiani.

Dover ascoltare in modo imprevisto la lezione talebana di deontologia professionale di Bonini da sempre amico delle informative coperte dal segreto istruttorio dei vari Pm, verrebbe da dire, parafrasando una pubblicità, “non ha prezzo”. Vorrei capire perché l’Odg del Lazio si sia prestato a questa operazione politica, oltretutto realizzando un effetto boomerang, vista la critica feroce espressa contro l’Ordine, ovviamente quello nazionale, ma senza mai dire la parola fatidica: aboliamo l’Ordine dei Giornalisti, un orpello di tradizione fascista utile a distribuire prebende e strumento di lotta politica. Infatti i due giornalisti non propongono la cosa più ragionevole che è l’abolizione dell’Ordine, ma manifestano il disappunto che l’Ordine non fa ciò che loro desiderano, certamente poco avvezzi alla democrazia. Ma è comico il loro atteggiamento di una presunta purezza deontologica criticando la riammissione di Renato Farina, perché disponibile a collaborare con i servizi segreti italiani.

Vorrei ricordare al collega Bonini, che il suo editore era “colluso” con i servizi segreti dell’Est ed in particolare con il Kgb, c’è una dichiarazione di Francesco Cossiga che afferma che lui e Gianni De Michelis intervennero presso le autorità americane al fine di non farlo arrestare, inoltre ci sono le dichiarazione del giornalista fondatore del quotidiano “La Repubblica” e presidente della commissione Mitrokhin, Paolo Guzzanti, che “La Repubblica” pian piano assorbì tutti i giornalisti del quotidiano “Paese Sera” notoriamente finanziato dal Kgb, modificando volutamente la linea editoriale del quotidiano per cui fu costretto ad andarsene. Ma aldilà di ciò vorrei sapere quale reato di lesa maestà sia servire i servizi di sicurezza del proprio Paese, che non vuol dire depistare ma fornire informazioni utili alla sicurezza del Paese. Renato Farina non è mai stato accusato di aver manipolato la realtà dei fatti ma solo di aver fornito informazioni ai servizi, o al massimo qualcuno penserà che ha avuto notizie o letture dei fatti dagli stessi servizi, e ciò non è uguale (a mio parere è peggio) a quello che hanno fatto molti giornalisti pubblicando le notizie passategli sotto banco dai Pm alfine di far condannare mediaticamente un personaggio scomodo?

Loro invocano il diritto di cronaca ma ovviamente vale solo per loro. Io non so se sono comunisti del vecchio Partito Comunista d’Italia ma certamente la loro mentalità è da comunisti, la vecchia logica del “doppiopesismo”, una verità per il popolo e una per chierici. Certamente a un quotidiano come “La Repubblica”, che è stato definito da Ugo Intini come un giornale artefice di un “giornalismo irresponsabile”, gli si addice la metafora del bue che da del cornuto all’asino.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:10