Privacy: se l’Italia rappresenta l’Europa

Sulla stampa, specie su quella generalista, se ne è parlato poco. Eppure la nomina di Giovanni Buttarelli a garante della privacy europeo avvenuta a inizio dicembre è una notizia che, a mio avviso, sarebbe dovuta comparire sulle prime pagine di tutti i giornali.

Non tanto per un nazionalismo che ci appartiene sempre meno, ma piuttosto per un oggettivo ruolo di potere che il nostro Paese, tramite la nomina di Buttarelli, avrà su un tema fondamentale come la riservatezza dei dati personali europei.

«I dati – ha detto il nuovo garante in un'intervista a Beppe Severgnini sul Corriere della Sera - sono il petrolio del futuro, il sangue vitale dei processi decisionali, ma possono essere anche un'arma nucleare». Una frase perfetta, che ben sintetizza ciò che oggi i dati rappresentano. Le informazioni non sono più solo numeri, codici, testo ma elementi con un preciso valore commerciale. Sono moneta di scambio in un mercato spesso oscuro, o sfuocato, in cui le regole sono interpretabili se non lacunose o addirittura assenti. Ancora: sono ingredienti dall'appeal elevato in un mondo in cui i confini si fanno sempre più labili e in cui è imprescindibile accordarsi con realtà Oltreoceano. Per questo il dialogo con gli Stati Uniti sarà fondamentale per l'Europa. Ed è su questo punto che Giovanni Buttarelli dovrà dimostrare particolare competenza.

Il fatto che l'ex segretario generale dell'autorità garante italiana sia arrivato a rivestire questo incarico, è per me una buona notizia. E, insieme, una speranza che l'Europa in tale immensa partita possa giocare un ruolo da protagonista. Buttarelli è stato segretario del Garante quando in Italia è nato il concetto di privacy e gran parte dell'apparato legislativo in materia è merito suo. A me sembra che abbia lavorato bene: le regole, quando c'era lui, erano semplici e chiare. Ha dimostrato che il mestiere lo conosce; il fatto che sia arrivato un riconoscimento a livello europeo mi fa capire che la mia impressione era condivisa.

Il dialogo con gli Stati Uniti, che dovrà assumere la forma di gara e di sodalizio al tempo stesso, rappresenterà una sfida di non poco conto: si tratta infatti di trovare un equilibrio fra lo scontro e la collaborazione con una potenza che da tempo ha capito l'importanza delle informazioni personali.

«I nostri dati saranno sempre di più nelle nuvole, ma i nostri diritti devono stare con i piedi per terra», ha detto Buttarelli nella intervista a Severgnini. Anche questa è una frase azzeccata. I nostri diritti devono rappresentare un faro guida, specie nel combattere la moderna forma di schiavitù rappresentata dall'utilizzo di dati volti a influenzare i soggetti nei comportamenti sociali. Il “rubare l'anima”, come lo definisco io, può condizionare i comportamenti di grandi masse di persone ed è bene che ogni individuo abbia un livello minimo garantito di diritto alla riservatezza. È necessario stilare una scala di priorità degli aspetti che vogliamo affrontare, distinguendo l'utilizzo di dati per scopi “politici” dall'utilizzo degli stessi per finalità commerciali pr fare sì che non ci si concentri nella difesa di ciò che è meno importante. Penso che Buttarelli abbia questa graduatoria bene a mente. Io sono fiducioso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:15