La voce di Turati   all’Italia sorda

Filippo Turati, nel suo discorso sulla questione penitenziaria alla Camera dei deputati il 18 marzo 1904 iniziava così: “Noi ci gonfiamo le gote a parlare di emenda dei colpevoli, e le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti, o scuole di perfezionamento dei malfattori....”. Purtroppo sono passati quasi 110 anni e sembra essere quasi tutto fermo ai primi anni del Novecento. Quanti papi si sono recati a Regina Coeli a portare il loro saluto il giorno di Natale a coloro che erano “custoditi” in carcere. Quanti presidenti della Repubblica, quanti ministri e uomini politici hanno portato il loro (formale) segno di considerazione a coloro che soffrivano di condizioni inumane e degradanti all’interno delle nostre carceri.

Quante promesse, quante assunzioni (formali) di impegno per risolvere il problema. Ma nonostante tante commissioni nominate e tanti esperti e consulenti e tanti digiuni fatti da coloro che si sono sempre battuti per la “questione penitenziaria”, poco s’è visto. Nulla s’è risolto. Ma un giorno, un giorno lontano dai palazzi del potere, lontano da Montecitorio e da via Arenula qualcosa s’è mosso. La sede è un piccolo e bellissimo insediamento urbano che prende il nome della Città delle strade, nella Francia orientale: Strasburgo capitale politica dell’Unione europea.

Ma Strasburgo è anche la sede della Cedu, la Commissione europea dei diritti dell’uomo; quel tribunale che ha condannato senza mezzi termini e con grave infamia il paese che ha dato i natali a Cesare Beccaria, l’Italia, per il modo inumano come detiene coloro che sono ristretti nelle carceri di stato. Non sono riusciti né i papi, nei i capi di stato, né i digiuni, né le marce, né i suicidi di uomini e donne reclusi, né le sottoscrizioni dell’Italia ai trattati internazionali per il rispetto dei diritti umani a smuovere il pachiderma politico-burocratico del modello penitenziario italiano. invece è bastata la sanzione pecuniaria comminata dalla Cedu per fare in fretta e furia una serie di riformine, di riordini e di buoni propositi per tamponare condanna, multe e risarcimenti futuri.

Le carceri sono un universo complesso che, se mal gestito, può anche generare mostruosità che a lungo andare possono ritorcersi contro lo stato stesso. Da non poche parti giungono segnalazioni che confermano che una parte del vasto aggregato terroristico di radice islamica si coaguli e trovi terreno di cultura specializzandosi anche nel carcere. Per questo motivo varrebbe, egoisticamente anche solo per la sicurezza di chi “è fuori”, avere un profondo e serio ripensamento per l’universo della detenzione. Per non dimenticare quanto lo stesso Turati diceva più di cento anni fa. All’Italia sorda.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:31