Beppe al Quirinale

La foto che ne scaturisce è quella tipica di una via di mezzo tra la famigliola felice in gita a Roma e la coppia di due uomini più che maturi impegnati in un tour organizzato alla ricerca di nuove esperienze di "turismo sessuale". E invece sono Grillo ed il suo méntore Casaleggio al Quirinale dopo essere stati ricevuti, la scorsa settimana, dal Presidente Mattarella. Con loro Maria Teresa, classe '96, siciliana e più giovane iscritta al M5S.

Si leggeva sul blog di Grillology: "Vogliamo ringraziare il PdR per l'incontro, per la simpatia e per il permesso di portare al Quirinale una persona iscritta al M5S non eletta ancora in alcuna istituzione in rappresentanza di tutti gli iscritti ed attivisti che ogni giorno operano sul territorio per rendere migliore l'Italia". Il comico, forse perchè troppo coinvolto dalla ‘simpatia’ del Capo dello Stato, ha dimenticato che la giovane promettente pentastelluta non era l'unica a non essere ancora eletta in alcuna istituzione. Anzi, dei componenti di quel trio salito sul colle più alto di Roma, nessuno lo era.

È vero che, in base allo Statuto del M5S (quello vero, non il cd. "non-statuto" pubblicato dal sito del giullare ligure), Beppe Grillo è il padre-padrone del movimento e quindi la sua presenza al colloquio con Mattarella ci può anche stare. Ma gli altri due (Casaleggio e Maria Teresa)? Il colloquio con il Capo dello Stato non è una gita turistica ma un incontro istituzionale.

Eppure l'associazione grillina ha un vice-presidente della Camera ed il gruppo parlamentare (con relativi capigruppo) sia a Montecitorio che a Palazzo Madama. I rappresentanti del M5S si presentano male o non sanno vestirsi in maniera consona? Puzzano o emettono sul più bello sgraditi suoni gutturali? Parlano male o quando aprono bocca lasciano senza fiato l'interlocutore a causa della cipolla mangiata la sera prima? Insomma, perché nessuno degli eletti ha fatto parte della delegazione salita al Quirinale? Noi, che ricordiamo sempre quando Grillo caricò su due autobus (senza renderli edotti sulla meta) i "suoi" rappresentanti e li condusse in un agriturismo per una giornata di riflessione politico-strategica, abbiamo quasi l'impressione che l'amico di Gino Paoli non si fidi di coloro che rappresentano la sua setta nelle Istituzioni. E che, tutto sommato, hanno fatto bene quegli 'eletti' che non hanno voluto più essere trattati come marionette dal Mangifuoco genovese ed hanno deciso di andare altrove pur di riuscire ad essere se stessi e dare il loro concreto contributo laddove sono stati eletti.

Anche perché, forse, non hanno ben chiaro come sia gestito e che fine faccia quel patrimonio costituito, tra l'altro (art. 6 dello Statuto vero dell'Associazione) "da sovvenzioni dello Stato, della Regione o di enti soprannazionali". A scriverlo e sottoscriverlo, è il notaio Filippo D'Amore, non noi.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 14:53